Due monaci diventano diaconi «Qui non ci si sente stranieri»

Hanno 27 anni, alla Madonna delle Grazie da cinque, il coronavirus li ha “bloccati” in Italia 

LA STORIA



Ora et labora, la regola benedettina, uno stile e soprattutto un progetto di vita. Preghiera, studio, meditazione e lavori: la cura dell’orto e della farmacia, della chiesa e delle liturgie, nel nostro caso. Sono cinque, al santuario della Madonna delle Grazie di Pordenone, i monaci benedettini della Comunità di Vallombrosa: Sinto Njarolickal (il priore), Smijo Theradiyel, Giovanni Dorta (il parroco), Anto Moolakkattu e Nidhin Ozhankal.

Due di loro, domenica prossima alle 15, saranno ordinati diaconi dal vescovo Giuseppe Pellegrini nel santuario di viale Treviso: Anto (Antonio) e Nidhin (Giuseppe), 27 anni, entrambi originari del Kerala, India, delle parrocchie di St. Sebastian e St. Stephen. Il primo ha un fratello editore a Dubai e una sorella infermiera, il secondo un fratello manager d’azienda a Dubai e pure una sorella infermiera.

La cerimonia si sarebbe dovuta tenere nel paese d’origine, ma il coronavirus non lo permette.



La Congregazione vallombrosana – il cui abate generale eletto per la terza volta nell’estate 2019 è don Giuseppe Casetta, originario di Visinale di Pasiano – è una comunità di monaci benedettini fondata da san Giovanni Gualberto nel 1038, che prende il nome dalla località di Vallombrosa. Appartengono alla grande famiglia dei benedettini: i vallombrosani arrivarono a Montenero dopo la partenza dei Teatini, grazie ad un motu proprio del Granduca Ferdinando III del 28 ottobre 1791. Si sono distinti, nei secoli, per la lotta contro la simonia, contro la corruzione e la mondanità della Chiesa e da sempre sono sensibili alla tutela del creato.



Il percorso di vita dei due monaci benedettini vallombrosani candidati al diaconato è parallelo: sono amici da venticinque anni. Hanno frequentato le scuole dell’obbligo e l’università insieme, sono entrati nel seminario minore benedettino vallombrosano il 14 giugno 2008 in India, hanno studiato filosofia al Kristu Jyothi college di Bangalore, quindi il noviziato con la professione semplice il 22 maggio 2014 e quella solenne il 15 agosto 2017 in Kerala. Cristiani in una terra che conta la maggior parte degli abitanti di religione indù, seguiti dai musulmani e il 12-13 per cento di cristiani, quindi numerose sette. «Ma i nostri paesi d’origine contano molti fedeli cristiani praticanti: 200 mediamente nei giorni feriali in chiesa, molti di più la domenica».



Da cinque anni vivono nel monastero di Pordenone. «Cominciamo la giornata alle 6.40 con l’Ufficio delle letture, le Lodi, la colazione. Dalle 8 alle 13 andiamo a scuola in seminario; il pomeriggio viene dedicato allo studio e al lavoro mentre dalle 17.15 recitiamo il rosario e i vesperi, quindi partecipiamo alla messa. Cena e compieta chiudono la giornata». Così, tutti i giorni: «In estate ci dedichiamo ai lavori esterni, alla coltivazione dell’orto e alla farmacia». «Durante il primo anno di formazione al seminario minore – torna indietro nel tempo Nidhin, diplomato in applicazioni informatiche – ho conosciuto la congregazione benedettina di Vallombrosa. E dopo due anni in seminario minore ho completato gli studi secondari. In quel periodo ho avuto un’esperienza di vita comunitaria ed espresso il desiderio di continuare la formazione».



Il 5 ottobre 2015 i due monaci di rito siro-malabarase vengono inviati in Italia «per conoscere e approfondire la vita monastica occidentale e per gli studi teologici nel seminario diocesano. Abbiamo iniziato a imparare la lingua e la cultura italiana dal monastero della Madonna delle Grazie, a Pordenone». Lontani da casa da oltre cinque anni. «Non ne sentiamo molto la mancanza – siamo abituati essendo entrati in seminario a 15 anni e quindi da 13 non più in famiglia – in quanto con i nuovi mezzi di comunicazione ci possiamo sentire e vedere ogni giorno. Inoltre, abitanto in comunità e proveniendo dallo stesso Paese, anche tra noi c’è maggiore affiatamento».



Si sono, inoltre, fatti un’idea sul tessuto sociale e religioso di queste terre: «A Pordenone abbiamo trovato una sincera accoglienza, la gente si è aperta con noi: anche se siamo stranieri non ci siamo mai sentiti tali». L’ordinazione diaconale avverrà a Pordenone con il via libera della Santa Sede in quanto la pandemia impedisce il rientro in India. «Nel nostro Paese contiamo di ricevere l’ordinazione sacerdotale». —



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