Donne lontane dal “potere” Quote rosa assenti nei Cda

UDINE. La legge le vuole, la politica no. E così dopo le tormentate quote rosa, dal cilindro del Parlamento esce, non senza fatiche, la legge che a partire dal 2012 pone fine all’apartheid femminile nei consigli di amministrazione, nei luoghi del potere delle società quotate in borsa e delle società a partecipazione pubblica. Facendo il conto della serva – che non può che essere donna -, nel giro di tre anni dalle principali partecipate della Regione dovranno traslocare tra i 25 e i 30 uomini. Se a queste società si sommano le partecipate da Comuni e Province il conto naturalmente sale. La rivoluzione parte il prossimo anno: la prima società pubblica a dover fare spazio sarà Autovie Venete, dove il potere oggi è più che mai “maschio”.
La rivoluzione. La novità è fresca di approvazione: a fine giugno il Parlamento ha varato la legge secondo cui i cda dovranno essere composti da un quinto di donne a partire dal 2012, pari al 20 per cento nel primo mandato. Il numero dovrà salire a un terzo dal 2015, il 33,3 per cento nel secondo mandato.
Il Friuli Venezia Giulia. Anche in Friuli Venezia Giulia, a dispetto della specialità, le pari opportunità non sembrano andare di moda. Se da un lato la Regione si è affidata, negli anni della crisi, proprio alle donne - con Sandra Savino impegnata ad abbattere il debito e far rientrare Irpef e le compartecipazioni, con Federica Seganti intenta a navigare nel tormentato mare delle attività produttive e con la staffetta Alessia Rosolen-Angela Brandi alle prese con lavoro e ammortizzatori sociali –, dall’altra ha presto smantellato la norma che garantiva la “riserva femminile” nell’esecutivo, la presenza di tre donne in giunta. Niente privilegi si è detto? Verrebbe da chiedersi, allora, come mai nei consigli di amministrazione ci sia spazio solo per gli uomini.
Le Partecipate oggi. Da Friulia all’ultima partecipata, la musica non cambia. E’ sufficiente scorrere la composizione degli organi amministrativi delle società, alla voce trasparenza del sito della Regione, per accorgersi che i consigli di amministrazione sono allergici alle donne. Le uniche società – per altro 100 per cento regionali – in cui compare una donna al timone sono Friuli Venezia Giulia strade, dove Arianna Dreosso è anche vicepresidente di Giorgio Santuz, e Agemont con il consigliere Barbara Zilli. A indicarle, in entrambi i casi, la Lega Nord. Compare una donna, nella carica di vicepresidente, anche nel cda di Finest, ma il merito non è del Friuli Venezia Giulia: Alessandra Camposampiero, infatti, è espressione della Regione Veneto. Un pizzico di rosa anche nel consiglio uscente di Insiel, con Gemma Pastore.
Volendo cercare un po’ più in profondità si può trovare qualche signora che conta nei collegi sindacali, magari anche la stessa più volte. E’ il caso di Anna Grava, presidente dei collegi di Finest (dove è affiancata da un’altra donna, Monica Deotto) e Friuli Venezia Giulia Strade. Una donna presidente del collegio donna anche per Mediocredito che ha confermato per la seconda volta Micaela Sette.
Nel 2012. Dal prossimo anno questi “esemplari” non saranno più specie rara. I signori uomini – salvo colpi di spugna alla legge nazionale o l’appello ai poteri “speciali” della Regione – dovranno cedere il passo alle colleghe. Intanto lasciando libera una poltrona ogni cinque. Tra le partecipate di rango sarà Autovie Venete ad aprire le danze. La concessionaria autostradale, che oggi ha un nutrito cda, non è nuova alla presenza femminile. Una giovanissima Federica Seganti fu nominata dalla Lega nel cda della concessionaria ben prima di diventare assessore regionale. Chissà che il precedente non sia di buon auspicio per altre signore della politica e non.
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