“Don Toni” lascia Palse: «Sono come latte scaduto»

I ricordi di 25 anni di presenza e di “grandi battaglie” nella frazione di Porcia. «Mi tocca andare nella casa del clero: mi porto l’orto, quello della letteratura»

PORCIA. «Ero vecchio quando arrivai, 25 anni fa, adesso sono antico». Ci scherza, don Antonio Zanette, sull’età, classe 1938, in vista della messa di congedo dalla parrocchia di Palse («l’onore delle armi»), domani alle 10.30.

«Da quando ho compiuto 75 anni, ai miei parrocchiani faccio un discorso più o meno simile: sono scaduto come il latte, sono qui a vostro rischio e pericolo. Ogni giorno ho controllato se le legne erano rimaste al coperto».

Ora, però, è arrivato davvero il momento dell’addio: «Andrò alla casa del clero di San Vito al Tagliamento. In questi anni avevo messo da parte alcune opere, un “orto letterario” che contavo di lavorare da “pensionato”. Così farò».

Don Antonio Zanette – per tutti don Toni, come ama firmare la sua rubrica Costume sul settimanale Il Popolo («che continuerò a tenere, finché non mi cacciano») – è originario di Tamai; ordinato il primo luglio 1962, è stato vicario a Chions, San Nicolò di Portogruaro, Navarons (dove fu l’ultimo curato) e Roraipiccolo. Dal 1977 parroco a Cimpello, dal 1990 a Palse. Per sette anni è stato anche vice assistente di Azione cattolica ragazzi.

Proprio dalle pagine de Il Popolo, parla dell’addio, in generale, dei sacerdoti, dei movimenti che definisce transumanza dei pastori d’anime. «Qualcuno parte per altre destinazioni, qualcuno finisce su un binario morto. Chi scrive ne sa qualcosa». Partire, lasciare una canonica, una comunità, «è come andarsene di casa, dopo che per anni ti sei sentito famiglia con queste persone».

Ecco le chiavi di casa, «della canonica, della chiesa, dell’oratorio. Momenti indimenticabili». Non lesina una stoccatina al mondo che cambia: «Una volta, in parrocchie fondate sulla tradizione, un prete ci poteva anche invecchiare». Adesso, invece, occorre fare le valigie, «per non diventare un’ombra sui successori».

Don Toni ricorda il suo arrivo a Palse, «una realtà di buone tradizioni, dove conosci tutti e diventi parte della grande famiglia. C’è un battesimo? Allacci una forte relazione con genitori e poi con i figli, che nel frattempo sono anche cresciuti. Un funerale diventa un atto di forte solidarietà nei confronti di coloro che sono colpiti dal lutto; c’è senso di appartenenza».

Venticinque anni dopo, «chiedo scusa al Signore perché forse potevo fare meglio. L’importante, ad ogni modo, è essere sereni. Ho cercato di comportarmi da fratello e non da padrone».

“Un prete di campagna”, si definisce, come nel libro edito dalla Biblioteca dell’immagine nel 2003, nella sua tonaca stinta c’era davvero l’odore della sua gente, come ora auspica Papa Francesco. «Una volta la religione aveva una connotazione principalmente magico-sacrale - è la sua filosofia - ora è più vicina ai problemi sociali, di tutti i giorni. Penso ad esempio agli anziani che frequentano la parrocchia, ai giovani».

Si è speso, per la sua comunità, don Antonio Zanette, da quando ha lanciato l’appello a conservare la storia locale attraverso l’archivio parrocchiale a quando ha fatto mettere in sicurezza l’antica pieve di San Vigilio, da quando si è mobilitato con i genitori per conservare le scuole primarie nella frazione di Porcia a quando ha avviato l’oratorio e sollecitato la sistemazione della cooperativa tanto da meritarsi, nel 2013, il premio Purlilium.

«Mi auguro – guarda indietro il parroco emerito – di non avere rovinato quello che c’era prima: dai, con l’umorismo si va avanti. L’importante – torna serio – è vivere ogni stagione». E, adesso che si avvicina l’inverno... «una parola gentile può scaldare, anche nei periodi di freddo intenso».

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