Don Lozer, il paladino della chiesa “sociale”

Dopo i due concerti di canto gregoriano proposti dall’associazione Officium consort, proseguono le iniziative per ricordare la figura e l’opera di monsignor Giuseppe Lozer nel quarantesimo della sua scomparsa. Il prossimo appuntamento, sabato 3 maggio, sarà il convegno “Lozer, una voce ancora attuale”, che si propone di conoscere e far conoscere più da vicino monsignor Lozer come prete (relatore Roberto Castenetto), come uomo (Fabio Metz) e il suo impegno in campo sociale (Vannes Chiandotto). Dalle 15, moderatore il vicedirettore del Messaggero Veneto Giuseppe Ragogna, il via con la proiezione di un video composto in occasione della settimana sociale diocesana dal titolo “Don Giuseppe Lozer, un testimone” e con i saluti delle autorità, tra cui il vescovo monsignor Giuseppe Pellegrini. Verranno proposte alcune testimonianze raccolte negli ultimi mesi, che faranno parte della pubblicazione degli atti.
L’appuntamento rappresenta una tappa, seppure molto significativa, di un percorso che prevede, fra l’altro, il coinvolgimento dell’istituto comprensivo Torre (la scuola media è intitolata proprio a monsignor Giuseppe Lozer) e una rappresentazione teatrale per la quale I Papu hanno dato la loro disponibilità, osservando che per loro quella del sacerdote è stata «una felice scoperta, una figura che non lascia indifferenti e può dire molto anche oggi, alla nostra società troppo addormentata».
Don Lozer, nato a Budoia, fu ordinato sacerdote a 22 anni, venne inviato come economo spirituale a Torre, parroco nel 1904 e fino al 1926, ritornando nel 1947 fino 1957. Morì in casa di riposto Umberto I il 4 maggio 1974 e le sue spoglie riposano nel cimitero di Torre. «Personalità forte, intelligenza acuta, vivo senso della giustizia – ricorda il parroco don Giosuè Tosoni –, egli matura una costante attenzione alle questioni di carattere economico-sociale, sollecitato da un mondo che stava velocemente trasformandosi, nei confronti del quale la Chiesa sembrava essere assente. Opera in varie realtà sociali ed ecclesiali, in diocesi e fuori, ma Torre rimane il centro delle sue attività». Doveva affrontare i socialisti che si consideravano gli unici interpreti della giustizia sociale e la Chiesa, che mostrava di non gradire le sue posizioni.
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