Don Giovanni di Timi, insegnanti contro il teatro

Pordenone, «dopo le bestemmie del 2012, scandalizzati dalla performance di Timi». La replica: « E’ “Thesis” a scegliere cosa proporre»

PORDENONE. Parte la crociata contro il teatro Verdi di Pordenone. E stavolta non sono spritz ed happy hour a suscitare le polemiche e non è la politica a innescarle.

Nel mirino stavolta finisce il dissacrante don Giovanni di Filippo Timi, attore amatissimo del cinema e del teatro italiani e i censori sono una ventina di insegnanti pordenonesi che accusano il Verdi di aver proposto ancora una volta – due anni fa toccò ad Antonio Rezza e alla sua bestemmia – uno spettacolo ritenuto inadatto a un pubblico di studenti delle superiori.

Ma il presidente del Verdi Lessio mette i paletti: «Il Verdi presenta un cartellone e non un solo spettacolo. Thesis, di concerto con i docenti che aderiscono al progetto “Adotta uno spettacolo” sceglie, con cognizione di causa, cosa proporre. Rispetto le critiche degli insegnanti, ma forse devono rivolgersi ad altri».

A firmare un documento in cui spiegano il loro rammarico sono Roberto Castenetto, Caterina Diemoz, Antonio Claudio Gangemi, Massimiliano Merisi, Giordano Brunettin, Giuli Olivotto, Anna Berini, Maurillio Bortolussi, Paola Barigelli Calcari, Ennio Rosalen, Raimondo Siciliano, Alessandro Laudani, Gianna Cupani, Paola Domini, Fabio Merlino, Alberto Fernetti, Paolo Mariani, Maria Grazia Severino, Valter Battistutta, Michele Casella, Luigi Copertino.

«Sabato scorso, al Teatro Verdi di Pordenone, è andato in scena lo spettacolo “Il don Giovanni. Vivere è un abuso, non è un diritto”, di Filippo Timi.

Durante la serata – sintetizzano i docenti - il regista-attore si è esibito in una serie di performances, usando, ad esempio, il neologismo “porcodiare” per solleticare i presenti, simulando di defecare, mentre parlava dell’esistenza di Dio col servo Leporello, che gli portava la “tazza” e lo puliva, ecc.

Si potrebbe continuare con gli organi genitali messi in mostra, la parodia di espressioni religiose e dello stesso crocifisso, ma non avrebbe molto senso, se non per assecondare una curiosità morbosa». Oltre a ricordare che «non è la prima volta che succede al Verdi, basti pensare agli inviti alla bestemmia di Antonio Rezza», gli insegnanti sottolineano che la pièce è stata inserita nel Progetto “Adotta uno spettacolo”, organizzato dall’Associazione “Thesis” e che il teatro è «lautamente sovvenzionato con denaro pubblico.

Come insegnanti e cittadini siamo indignati e amareggiati: dalla facilità con la quale si insozzano classici, con volgarità, scemenze e presunti attualismi, che vengono proposti ai giovani come espressioni di cultura alta; dalla leggerezza e superficialità con cui talvolta noi docenti invitiamo i nostri ragazzi a proposte culturali discutibili sul piano artistico e del tutto inadeguate sul piano educativo.

Un teatro pubblico dovrebbe aiutare giovani ed adulti a ritrovare ideali e ragioni di impegno, soprattutto in un momento di grave difficoltà come questo, e non moltiplicare occasioni di divertimento e distrazione, che purtroppo già abbondano in ogni dove. Giustamente ci si indigna se vengono offesi omosessuali, ebrei, islamici, ecc., ma nessuno si scompone se viene volgarmente offesa la tradizione cristiana del nostro popolo e la stessa dignità di donne e uomini».

Il presidente Lessio ricorda che lo spettacolo «ha già girato tutta Italia con commenti molto positivi e altri negativi. La cultura deve tirare qualche sasso in piccionaia. Le provocazioni servono per approfondire i grandi temi che dividono. Lo spettacolo di Timi non è stato più provocatorio di altri e sicuramente non è stato indegno. Se sono accettabili le critiche su uno spettacolo non lo sono quelle sul teatro che presenta un’offerta ben più complessa e variegata. Credo sia tempo di finirla di gettare la croce sul Verdi da parte degli insegnanti.

A Thesis viene presentato il cartellone della stagione e l’associazione sceglie tra una serie di titoli. Gli insegnanti opportunamente informati decidono gli spettacoli a cui indirizzare le classi. Se insegnanti con una lunga esperienza e capacità di analisi hanno optato per questa proposta, ritengo ci siano delle ragioni. Credo che andrebbero chieste a loro, non a noi».

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