Don Giorgio Santin il “parroco-manager” che ha creato dal nulla una comunità unita

L’intervista
FONTANAFREDDA
Ha fondato una parrocchia ex novo laddove, sino a quarant’anni, fa c’erano campi. Don Giorgio Santin, primo e unico parroco di Villadolt e Ceolini, festeggia i cinquant’anni di sacerdozio con una messa oggi alle 10.30. Nato a Pravisdomini il 5 gennaio 1943, infanzia a Barco e adolescenza a Pordenone, entra in seminario a 11 anni.
Com’era la vita di seminario?
«Tanta disciplina e pensi che il momento della doccia era una festa: le case non avevano ancora i servizi... L’educazione civica era d’obbligo e settimanale».
La vocazione?
«Dissi il mio primo sì prima di accedere alla teologia, mentre molti dei cento che eravamo entrati, uscivano. Quello del sacerdozio era un cammino filtrato».
L’ordinazione avviene il 7 luglio 1968. Una “notte prima degli esami”?
«A quel punto la vocazione era consolidata. Nessuna incertezza; l’unica preoccupazione era che fosse un giorno vissuto con intensità. Sono convinto che la vocazione si riscopra di giorno in giorno».
In ogni aula del catechismo ha messo un pianoforte. Perché?
«La musica è cultura, educazione, aggregazione. La passione me l’ha trasmessa mio padre, uomo onesto, che dirigeva il coro a Barco e suonava l’organo quando prestava servizio come sacrestano a Pordenone, in duomo. In seminario tutti studiavamo musica e cantavamo gregoriano. Qui, nel 1970 ho cofondato il coro Julia che ho diretto per 7 anni e animano le liturgie diversi cori. Compresi i funerali dove proponiamo i canti della speranza».
E veniamo alla destinazione a Villadolt.
«Il mandato del vescovo Abramo Freschi per la nascita della nuova parrocchia Santissimo Redentore è del 15 marzo 1978; l’ufficialità arriva nel 1982. Villadolt era un quartiere ex novo, il Satellite, i residenti non si conoscevano e mancava tutto. Disponevo di una stanza alla materna. Mi misi alla guida di 1.700 anime e fui supportato dal sindaco Giovanni Di Benedetto che ebbe capacità e lungimiranza nel creare “comunità urbanistica”. Pensi a un dettaglio non da poco: quella di Villadolt è l’unica chiesa del comune che non si affaccia su una strada, bensì su un giardino».
Ricorda quei giorni?
«Inizialmente la messa veniva celebrata nell’ex scuola media, attuale sala polifunzionale Risorgiva, che durante la settimana accoglieva gli alunni e dal sabato pomeriggio si trasformava in luogo di culto. Il primo oratorio sono stati gli spazi dell’attuale scuola dell’infanzia Rodari in cui si faceva catechismo, le animazioni del sabato, il fioretto mariano, i momenti ricreativi per le famiglie. E le grigliate domenicali, per conoscersi la gente».
Dal nulla a oggi.
«Il primo lotto dell’oratorio risale al 1987, l’anno dopo è stata posata la prima pietra della chiesa».
Ecco, la chiesa.
«È firmata dall’architetto mitteleuropeo Boris Podrecca. E’ una delle più belle e pensi che qualcuno la scambiava per un acquedotto...».
Non si fermò qui.
«Negli anni Novanta realizzammo l’oratorio, la canonica e la chiesa per la comunità di Ceolini. Neglia anni Duemila abbiamo anche ristrutturato la chiesetta della Vergine della Salute e ampliato l’oratorio di Villadolt».
L’ultimo cantiere è stato chiuso due anni fa.
«È pronto il centro di aggregazione giovanile polifunzionale. Qualche numero per motivarlo: 32 nascite e solo 10 decessi, 35 prime comunioni, 200 giovani al Grest».
Il segreto di una comunità così unita?
«Il coinvolgimento. Oggi si progetta una chiesa aperta ai laici. Qui, da molto tempo, i catechisti, gli amministratori, i vari gruppi carità e giovani sono autonomi. Come in una azienda, ognuno ha le sue responsabilità e ci vuole un piglio manageriale. Ho gettato le fondamenta perché la comunità possa camminare da sola. Quando ero giovane il 25 aprile si andava in spiaggia e alla sera pizza. Oggi non lo faccio più, ma la tradizione è rimasta. Spero di avere seminato qualcosa di bene». —
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