Don Antonio Raddi, il prete friulano con la cintura nera

UDINE. A guardarlo così, avvolto nel suo judoka (la tradizionale tuta bianca che indossano i combattenti del judo), mentre stringe tra le mani il diploma di cintura nera primo dan, nessuno penserebbe a un prete, che divide la sua vita tra funzioni religiose, l’impegno per la sua parrocchia e una grande passione: il judo.
Don Antonio Raddi, 59 anni, originario di Marano Lagunare, è alla guida della parrocchia di San Paolino d’Aquileia di viale Trieste e qualche giorno fa ha ricevuto l’importante riconoscimento da Roma, dal presidente della Fijlkam, la Federazione Italiana Judo, Lotta, Karatè, Arti Marziali, per lo spirito sportivo e l’attività promozionale che negli anni ha saputo sviluppare. «Un regalo inaspettato – afferma soddisfatto Don Antonio –, a premiare l’attaccamento e il continuo impegno che da sempre mi lega a questo sport».
Una passione che nasce nel 1969, quando Don Raddi, a quattordici anni, inizia a praticare il judoji alla Fondazione Cini a Venezia, e che negli anni ha saputo portare avanti in parallelo alla sua vocazione religiosa. A Venezia rimane tre anni, poi ritorna in Friuli, passando dallo Yama Arashi Marano Lagunare al Judo Club Cividale; negli anni dell’università si allena al Cus Udine per poi approdare al Tenri Judo Club, palestra di agonisti a livello nazionale: - «Qui, grazie al maestro Marcolina sono entrato nella filosofia sportiva del judo, ho maturato una grande esperienza e ho conosciuto i fratelli Maurizio e Ivan Finotto, titolari del Dojo Judo Udine in cui mi alleno».
Per una dozzina d’anni Don Antonio, quando frequentava il seminario, ha interrotto gli allenamenti per dedicarsi all’attività di arbitro di calcio, ma nel suo cuore il desiderio di raggiungere risultati per la grande passione, il judo, è sempre rimasto vivo. «Questo sport mi mancava – ricorda il Don – e ho deciso, a 49 anni, di riprendere l’attività ritrovando dopo vent’anni due vecchi compagni, i fratelli Finotto, ormai divenuti insegnati tecnici». Da qui è iniziata la crescita per raggiungere i risultati che si era prefissato: nel 2008 la cintura marrone e ora quella nera.
E per il parroco udinese il judo rappresenta un ottimo insegnamento per la vita: «Oltre a essere una disciplina solenne - afferma -, è educativa per la persona, specie per i ragazzi, insegna a crescere con equilibrio, senso di responsabilità; è una disciplina faticosa a livello fisico e nel percorso mentale, uno sport in cui la vera sfida e la vittoria passano attraverso il messaggio che non si finisce mai di imparare, le tecniche sono difficili e bisogna lavorare molto per mantenere l’unità e l’equilibrio tra la testa e la forza».
La soddisfazione più grande per Don Raddi è per i ragazzi, che vede praticare uno sport così faticoso e crescere serenamente. Impegno, quello con i giovani e il judo, che per molti anni il parroco ha perseguito organizzando corsi durante i campi estivi e facendo partecipare i ragazzi alla vita e le attività dell’associazione. La federazione ha voluto così premiare Don Antonio. Ma il primo impegno rimane sempre quello pastorale: «Nonostante la mia grande passione per il judo, a quello proprio non rinuncio» ha assicurato Don Raddi.
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