Diritti civili, 10 anni fa moriva Italo Corai Targa di Arcigay e cerimonia in cimitero

il ricordo
Dieci anni senza Italo Corai, un uomo, un insegnante, uno scrittore, un attivista diventato il simbolo pordenonese delle battaglie per i diritti civili di tutti, dando voce a chi non l’aveva. Italo il radicale, Italo che si dichiarò omosessuale dopo la morte di Pasolini in una città piccola come Pordenone, facendo della sua vita un manifesto. È al ricordo di ciò che è stato e di ciò che i suoi valori rappresentano ancora oggi che un gruppo trasversale di amici, l’11 marzo (data della morte), si ritroverà alle 17 nel cimitero di via Cappuccini per rendere omaggio alla sua figura. Ieri Arcigay Friuli ha annunciato un’altra iniziativa: donerà una targa in sua memoria da apporre alla Sezione di Cultura LGBTI+ della Biblioteca di Pordenone, nata dalla donazione dei libri tematici di Corai (circa 400 volumi) alla città: «Perché da secoli bui di discriminazione – è l’intento dell’associazione – si può uscire solo attraverso la visibilità e la cultura».
Corai è stato tante cose, come racconta l’amico fraterno e compagno di battaglie, Mario Puiatti: «Ho conosciuto Italo alla fine del 1973, durante una manifestazione in difesa del divorzio, che avevo promosso al Teatro Verdi di Pordenone. Da allora è nato un sodalizio politico e umano durato quasi 40 anni. Insieme abbiamo costituito l’Associazione Radicale nel 1974, la Lista per l’Alternativa nel 1979, la Federazione regionale dei Verdi (Colomba) nel 1990, abbiamo raccolto decine di migliaia di firme per quasi tutti i referendum che si sono svolti in Italia. Eravamo assieme al congresso radicale di Firenze quando è morto (assassinato) Pier Paolo Pasolini e Gianfranco Spadaccia ha letto l’intervento che il poeta-regista doveva fare a quel congresso. Subito dopo Italo mi confessò la sua omosessualità». E fu in quel momento che decise di renderla pubblica. Una scelta che, a distanza di tanti anni, pare ancora profondamente coraggiosa, perché resa insidiosa dal contesto sociale e dai pregiudizi. «Lui sapeva che il mondo di ciascuno di noi iniziava dalla nostra quotidianità e che anche le battaglie dovevano partire dal basso» dice Giacomo Deperu, che è tra i promotori dell’iniziativa dell’11 marzo.
L’impegno di Corai non fu solo politico ed educativo. «Ricordo il suo impegno a sostegno dei primi ammalati di Aids – ancora Puiatti – quando di quel virus si moriva. Ricordo l’assistenza concreta, fino alla morte, di un malato di Aids con i parenti che avevano paura di avvicinarsi al congiunto». Le minoranze e gli indifesi alimentavano il suo pensiero, non solo in vita: aveva deciso di lasciare i suoi beni all’Associazione Luca Coscioni che si è sempre battuta per la libertà di ricerca scientifica e cura. Trai tanti volti di Corai anche quello di scrittore, amante di Pordenone e conoscitore profondo della storia locale, come dimostra per esempio la ricerca appassionata sulle operaie del cotonificio Amman. Per dirla con i suoi amici, Corai è stato prima di tutto «un intellettuale», con le radici nella sua terra e la visione di un futuro da conquistare ogni giorno. —
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Messaggero Veneto