Dieci anni fa scampò a un incidente aereo

Era stato miracolato, dieci anni fa, sempre in aria: il motore dell’aereo dal quale doveva lanciarsi si era improvvisamente spento. Rimase ferito lieve, a causa dell’atterraggio di emergenza. Ringraziò il patrono, San Michele Arcangelo.
Vasco Zaina lascia nel dolore la moglie Bruna e tanti amici che hanno appreso della sua morte improvvisa increduli. Idraulico di professione, abitava a Porcia via Sant’Angelo, vicino alla casa del padre; la sua passione era il paracadutismo, specialità di cui era istruttore; a lui si devono tanti iscritti alla sezione di Pordenone dell’Anpdi, associazione nazionale paracadutisti d’Italia.
«Era venuto l’altro giorno in caserma per una denuncia», ricorda l’amico maresciallo Gaetano Romano, comandante della stazione carabinieri di Fontanafredda. «Stava preparando la coppa del mondo. Sono sconvolto: Vasco è stato il mio istruttore di paracadutismo sportivo e militare. Era una persona splendida, generosa, alla mano con tutti. Aveva alle spalle oltre 7 mila lanci in 28 anni di attività».
Tre anni fa aveva conquistato un brillante secondo posto all’aeroporto di Torino, dove si erano svolti i campionati nazionali di paracadutismo di precisione in atterraggio. Si era piazzato sul secondo gradino del podio tra due atleti del Centro sportivo esercito, professionisti che svolgono esclusivamente attività aviolancistica sportiva. Negli anni precedenti aveva già conquistato, nella specialità predetta, due ori, due argenti e due bronzi.
Dieci anni fa, a novembre, aveva visto la morte in faccia, durante un atterraggio di emergenza. Rannicchiati, con la testa in mezzo alle ginocchia, il cielo sopra la testa e il pietroso greto di un fiume sotto, Vasco Zaina, Alessandro Ferrari e Sandra Flumian avevano affrontato, a bordo di un Cessna 182, l’esperienza più terribile della loro vita. Con l’aereo in avaria e il motore irrimediabilmente spento, si erano affidati a Dio e al pilota, ubbidendo a un ordine propagatosi in cabina con la forza di un tuono: «Preparatevi a un atterraggio d’emergenza».
«Eravamo appena decollati - raccontava Zaina –, ma non avevamo ancora raggiunto la quota di lancio. Improvvisamente il motore aveva cominciato a perdere colpi e si era spento. Il pilota aveva cercato di riavviarlo secondo le comuni procedure, ma non ci fu nulla da fare». Insieme a Zaina, fra le sei persone dell’equipaggio, si trovavano altri due pordenonesi: Alessandro Ferrari, presidente della sezione cittadina dell’Anpdi, e la moglie Sandra Flumian.
Ai comandi dell’aereo c’era Vittorino Maggian, un pilota con oltre 5 mila ore di volo. Erano atterrati sul greto del Piave, col carrello anteriore e quello posteriore destro rotti. «Per fortuna - disse – San Michele arcangelo, il santo patrono dei paracadutisti, ha deciso che quello non era il nostro giorno». Dopo quell’imprevisto Vasco Zaina era tornato a volare e a lanciarsi col paracadute.
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