"Devi camminare con gli occhi bassi", finisce a giudizio per stalking

UDINE. Costretta ad abbassare la testa ogni volta in cui, passeggiando per il paese, incrociava lo sguardo di altri ragazzi, a cambiarsi d’abito se quello indossato non era gradito al suo fidanzato, e a lavarsi le mani dopo avere toccato oggetti precedentemente maneggiati da un qualsiasi altro uomo.
Sono soltanto alcune delle regole che una giovane, all’epoca ancora minorenne, si sarebbe sentita imporre dal proprio ragazzo, un carnico di 24 anni - di cui si omettono le generalità, per non rendere riconoscibile la parte offesa -, per tutta la durata della loro relazione.
Una storia finita, forse, proprio a causa di quella morbosa forma di gelosia, e rimbalzata poi sui tavoli della magistratura con la denuncia presentata dalla ex.
Il caso ha varcato la soglia dell’udienza preliminare. Difeso dall’avvocato Silvana Pitt, di Bologna, il giovane è stato rinviato a giudizio per le ipotesi di reato di stalking e minacce.
Quanto all’ulteriore accusa di ingiurie, il gup del tribunale di Udine, Daniele Faleschini Barnaba, ha invece dichiarato il non luogo a procedere per l’intervenuta depenalizzazione del reato. Il processo comincerà il 20 febbraio davanti al giudice monocratico.
«Abbiamo optato per il rito ordinario – ha spiegato il legale –, per avere un più ampio margine di difesa con l’istruttoria dibattimentale.
Per il momento, basti dire che il mio cliente rigetta nettamente e vigorosamente le accuse contestate». In aula, accanto al pm - l’inchiesta era stata coordinata dal procuratore aggiunto, Raffaele Tito –, siederà anche l’avvocato Sarah Pesamosca, con cui la ragazza si è costituita parte civile.
I fatti risalgono al periodo compreso tra l’ottobre 2009 e il maggio 2014. Il tormento sarebbe cominciato quando la loro relazione era già in corso da qualche mese e la giovane aveva soltanto 14 anni, e sarebbe proseguito dopo che, raggiunta la maggiore età, lei lo aveva lasciato.
Prima e dopo, secondo gli inquirenti, il ragazzo avrebbe tenuto nei suoi confronti una condotta “persecutoria” e tale da cagionarle «un perdurante e grave stato di ansia e paura». Dopo la denuncia, non a caso, a carico dell’indagato era stata emessa la misura del divieto di avvicinamento ai luoghi da lei frequentati.
Le tappe della vicenda, così come ricostruita sulla base delle testimonianze della ex e di una sua amica (destinataria delle presunte frasi ingiuriuose), sono state ripercorse in aula, alla presenza dell’imputato.
L’elenco delle prepotenze annovera anche episodi di violenza: picchiata, anche con la cintura e, in un’occasione, fatta cadere dalle scale.
Nella vita di coppia, la prassi sarebbe stata quella di camminare per strada con gli occhi abbassati, per paura di scatenarne la gelosia in caso di incontri con altri ragazzi, e di lavarsi ogni volta in cui toccava qualcosa passato già per le mani di un uomo.
Un giorno, dopo che si era seduta in auto sullo stesso sedile occupato poco prima da un ragazzo che il fidanzato sapeva esserle piaciuto in passato, l’avrebbe trascinata nella falegnameria del padre e le avrebbe lavato le mani con l’acquaragia, fino a fargliele bruciare.
Poi, una volta scaricato, erano cominciati i messaggi e le telefonate a raffica, le minacce di morte e i pedinamenti. Come quando, avvistatala con l’amica, aveva sbarrato loro la strada, salendo con le ruote dell’auto sul marciapiede. Naturale, allora, chiedersi perchè non si fosse decisa a troncare prima.
La risposta è diventata a sua volta oggetto di denuncia: se lo avesse fatto – ha spiegato la giovane – lui avrebbe raccontato a tutto il paese i particolari della loro intimità.
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