Denunciò la moria di api, arnie devastate. Il procuratore: «Non può essere un caso»

BASILIANO. Era stato tra i primi e i pochi che, di fronte all’anomala moria di api riscontrata anche nelle campagne friulane, non aveva esitato a invocare un’analisi scientifica delle ragioni dello spopolamento degli alveari. Le indagini avevano accertato il nesso causale con l’utilizzo di neonicotinoidi per la concia di diversi campi di mais e l’inchiesta aveva superato i confini della sanzione amministrativa, raggiungendo una rilevanza penale.
Martedì, il procedimento è approdato in tribunale per l’applicazione dei patteggiamenti della pena (7 mesi di reclusione e 3.800 euro di multa, sospesi con la condizionale) con cui i 21 agricoltori indagati dalla Procura per inquinamento ambientale colposo hanno deciso di chiudere i conti con la giustizia.
Difficile, allora, non cogliere un’inquietante coincidenza tra l’epilogo della vicenda giudiziaria e l’atto di vandalismo che proprio lui, ieri mattina, ha scoperto di avere subìto nell’apiario che possiede a Basiliano: 12 delle 31 arnie erano state gettate a terra, per un numero non ancora quantificabile di api morte per schiacciamento e un danno calcolabile tra i mille e i due mila euro.
Giorgio Della Vedova, apicoltore e già presidente del Consorzio apicoltori di Udine, però, preferisce non sbilanciarsi. A sentir lui, potrebbe anche essersi trattato di una ragazzata. La pensa in maniera diametralmente opposta il procuratore di Udine, Antonio De Nicolo, che, nel commentare il raid, ha prontamente stigmatizzato «certe derive delinquenziali che non portano da nessuna parte» e auspicato «un’alleanza tra il mondo dell’agricoltura e quello dell’apicoltura».
Perchè quello dei giorni scorsi, a suo avviso, «non può essere un fatto casuale». Proprio come non lo era stato l’incendio che, lo scorso luglio, aveva mandato in fumo una decina di arnie di proprietà di Oscar Saro, a Fagagna. E cioè di uno dei consiglieri del Consorzio a sua volta indicato tra gli apicoltori che, con le loro segnalazioni, misero in moto la macchina investigativa.
Finendo così per puntare i fari sul gruppo degli agricoltori accusati dal pm Viviana Del Tedesco di avere adoperato insetticidi vietati - dalla normativa nazionale e da quella comunitaria - nella concia delle sementi che attraggono api e altri impollinatori.
Eppure, rimanere indifferenti non sarebbe stato possibile. «È la nostra professione a obbligarci a denunciare eventuali anomalie – spiega Della Vedova –. Ne va della salvaguardia dell’ambiente: le api sono indicatori delle condizioni del territorio e un eventuale loro avvelenamento va studiato, monitorato e bloccato. Se poi la Procura ritiene di contestare illeciti penali, non è affar nostro.
A noi interessa porre rimedio al fenomeno e alle ricadute negative che ne conseguono. Il vandalismo che ho patito in questi giorni (Della Vedova non tornava al proprio apiario da una settimana, ndr) è molto grave e si aggiunge ai danni determinati in questi anni dallo spopolamento degli alveari». Per non dire dei contraccolpi sul mercato del miele: i dati dell’Osservatorio nazionale attestano un netto aumento dei costi nell’ultimo lustro.
E visto che immaginare l’eliminazione dei pesticidi, al momento, non pare realistico, secondo Della Vedova il rimedio va cercato in una mitigazione dei trattamenti. «La cosiddetta “lotta integrata” – spiega –, con l’impiego di macchine più tecnologiche e trattamenti più localizzati e a basso impatto ambientale».
Intanto, a gettare un ponte agli agricoltori è il presidente del Consorzio apicoltori, Luigi Capponi. «È un brutto momento – ammette –, ma l’agricoltura è preziosa per tutti. Per questo, su iniziativa della Regione, stiamo ragionando sull’organizzazione di un convegno nel quale ridisegnare le norme che regolano il settore».
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