Delitto di Vidulis, l'omicida di Nadia lascia il carcere

UDINE. Francesco Mazzega lascerà oggi, giovedì 31 agosto, il carcere di via Spalato. Lo farà a un mese esatto dall’omicidio della fidanzata Nadia Orlando, uccisa il 31 luglio scorso al culmine di un litigio in auto. Il Tribunale del Riesame di Trieste ha accolto la richiesta degli arresti domiciliari presentata dai difensori del trentaseienne di Muzzana del Turgnano, gli avvocati Annaleda Galluzzo e Federico Carnelutti. Mazzega, per il quale i giudici hanno riconosciuto la «pericolosità sociale», attenderà il processo a casa dei suoi genitori. Dovrà indossare il braccialetto elettronico previsto per i soggetti in stato di detenzione domiciliare. Il capo della Procura di Udine, Antonio De Nicolo, ha già annunciato il ricorso alla Cassazione.
Una decisione, quella dei giudici del Collegio, motivata in parte anche dallo stato di disagio psicofisico che l’uomo ha dimostrato durante queste settimane di carcere: i legali hanno descritto Mazzega come «deperito e prostrato», determinato a compiere atti di autolesionismo. La decisione presa per l’omicida di Vidulis spiazza anche in considerazione del fatto che proprio nella giornata di ieri il Tribunale del Riesame ha rigettato invece la richiesta dei legali di Federica Purino, la donna che il 5 agosto a Mortegliano aveva accoltellato il compagno, ferendolo gravemente.
Omicidio di Nadia, la sensazione che qualcosa non funzioni - Il commento di Renato D'Argenio
Le motivazioni
Nel dispositivo con le motivazioni che hanno portato i giudici del Collegio (guidato dal presidente del Riesame, Filippo Gullotta, a latere Enzo Truncellito – che ha materialmente redatto il provvedimento – e Roberta Mastropietro) a disporre i domiciliari per il trentaseienne di Muzzana si fa chiaro riferimento all’«efferatezza del delitto» e alla chiara situazione indiziaria a carico dell’uomo, che martedì 1 agosto si era presentato alla caserma della Polstrada di Palmanova per confessare l’omicidio della fidanzata, il cui corpo giaceva inerme sul sedile del passeggero della Toyota Yaris dello stesso Mazzega.
Nel dispositivo si evidenzia anche la pericolosità sociale del trentenne reo confesso, indicando però la custodia cautelare ai domiciliari con il braccialetto elettronico come condizione sufficiente a evitare che il soggetto commetta altri reati gravi, anche alla luce delle precarie condizioni psicofisiche manifestate dall’uomo.
Fuori dal carcere
Mazzega lascerà verosimilmente nella giornata di oggi l’istituto di pena di via Spalato. Per la scarcerazione è necessario attendere un passaggio tecnico, ovvero il reperimento del braccialetto elettronico che l’uomo dovrà indossare per il periodo in cui si troverà ai domiciliari, che trascorrerà nella casa dei genitori, a Muzzana del Turgnano. Sarà l’amministrazione penitenziaria del Triveneto a comunicare la disponibilità dell’apparecchio e autorizzare dunque il trasferimento del trentenne, che si trova in carcere dallo scorso 10 agosto, giorno del suo trentaseiesimo compleanno. Mazzega era tornato dietro le sbarre dopo una settimana passata nel reparto di psichiatria dell’ospedale Santa Maria della Misericordia di Udine, ricoverato dopo aver più volte manifestato la volontà di compiere gesti autolesionistici.
Ricorso in Cassazione
«Il provvedimento – ha commentato il procuratore capo di Udine, De Nicolo – non ci lascia soddisfatti. Avevamo chiesto la conferma del provvedimento del Gip e valuteremo la possibilità di presentare ricorso in Cassazione. Abbiamo dieci giorni per il deposito, ma siamo consci che le maglie sono molto strette».
Per De Nicolo, quello adottato dal Tribunale del Riesame è un provvedimento «in linea con lo stato della legislazione». «L’ordinanza del Tribunale del Riesame – ha aggiunto il capo della Procura friulana – mette in evidenza che il fatto è gravissimo e ravvisa il pericolo che possa ripetere fatti del genere. I giudici però scrivono anche che il rischio è sufficientemente salvaguardato dagli arresti domiciliari integrati dal braccialetto elettronico».
«A differenza di altri ordinamenti europei – ha evidenziato De Nicolo – la nostra legge non prevede che si debba tenere conto della gravità del reato nell’applicazione delle misure. Vanno raffrontate esclusivamente alle esigenze cautelari: pericolo di inquinamento delle prove, fuga e recidiva. Può anche non piacere ma – ha concluso – da uomo delle istituzioni finché c’è questa legge dobbiamo osservarla».
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Messaggero Veneto









