Delitto di Latisana: spuntano i testimoni

Il convivente di Eufemia Rossi è stato visto gettare la spazzatura alle 8.30. Nel sacco i carabinieri hanno trovato gli abiti della donna insanguinati
LATISANA.
Eufemia Rossi, la barista di 56 anni di Latisana trovata senza vita sul canale Cavrato a Cesarolo, sabato mattina è morta per le percosse che le hanno provocato lo sfondamento del cranio. In cella si professa innocente il suo convivente, Gianni Lirussi, classe 1946. Da domenica è in stato di fermo per omicidio volontario e occultamento di cadavere. I carabinieri non escludono la premeditazione, ma vanno cauti: parlano di indizi che portano all'uomo «con ragionevole certezza», ma anche di un caso «tutt'altro che chiuso».


Le testimonianze.
La svolta è arrivata grazie a dei testimoni, decisivi per il fermo di Lirussi. Persone che lo hanno visto la mattina del ritrovamento del cadavere gettare in un cassonetto davanti casa un sacco di immondizia, con all'interno vestiti, stracci intrisi di sangue e materiale organico. Altri lo avrebbero visto venerdì sera, attorno alle 22, vicino al luogo del ritrovamento del cadavere.


Arrivano i Ris.
Il celebre Reparto Investigazioni scientifiche di Parma da ieri collabora al caso per le indagini sulle auto: la Lancia Y10 della donna trovata parcheggiata dietro il cimitero di San Michele e il Suv dell'uomo. Secondo l'accusa sarebbe servito al trasporto del cadavere.


Percosse letali.
I primi esami sulla vittima hanno accertato la violenza con cui l'assassino ha ucciso Eufemia Rossi. La donna è stata percossa con un oggetto che le ha sfondato il cranio. L'arma, che ancora non è stata trovata, ha prodotto una copiosa fuoriuscita di sangue. Potrebbe trattarsi di un grosso bastone, un crick, una mazza da baseball.


Pesanti indizi.
Lirussi, 65 anni, dal carcere di Venezia non collabora e si professa innocente. Ma gli indizi nei suoi confronti sono pesanti, hanno spiegato ieri gli investigatori. Anzitutto c'è quel precedente inquietante: il 17 gennaio scorso la barista aveva denunciato Lirussi per averla colpita alla testa con una bottiglia vuota di prosecco: un'accusa successivamente ritrattata dalla donna.


I rifiuti.
I testimoni hanno visto Lirussi gettare nella spazzatura sabato verso le 8.30 un sacco di plastica nero. Dentro i militari hanno trovato abiti della donna intrisi di sangue, vestiti dell'uomo, fatture e ricevute bancarie intestati alla vittima. E poi una paletta per la raccolta della spazzatura sporca di materiale organico. Tutto sarà analizzato. Gianni Lirussi ha buttato quel sacco in un'orario per lui abituale, dicono i carabinieri, forse con l'obiettivo di passare inosservato.


Il Suv.
La sera precedente, attorno alle 22, l'uomo era stato visto da altre persone nella propria auto parcheggiata, con le quattro frecce accese, vicino al canale scolmatore Cavrato di Cesarolo dove è stato ritrovato, sabato mattina, il corpo della barista, sua convivente.


Il movente.
Se le cose sono andate così, il delitto è stato causato da screzi di coppia o questioni finanziarie? I carabinieri non confermano la notizia che lei volesse vendere il bar, nè che lui avesse debiti di gioco e frequentasse i Casinò. Ma ieri con la riapertura delle banche sono partiti gli accertamenti finanziari.


Le telefonate.
Due telefonate, la prima alle 21.30 e la seconda attorno alle 22.30 sono state effettuate venerdì sera da Lirussi per denunciare la scomparsa della compagna. Aveva sollecitato le ricerche, dicendosi preoccupato che la donna non fosse rientrata a casa alle 20.30.


©RIPRODUZIONE RISERVATA

Riproduzione riservata © Messaggero Veneto