Dalla vecchia abside della chiesa spunta la Cappella Sistina del Medio Friuli

BERTIOLO. Potrebbe essere la Cappella Sistina del Medio Friuli la vecchia abside della chiesa di Bertiolo, dove grazie al paziente restauro dell’esperta Anna Comoretto di Pordenone, in corso da mesi, si stanno mettendo in luce affreschi cinquecenteschi incredibilmente belli.
Affiancato dal consiglio parrocchiale, è stato monsignor Gino Pigani – affascinato dai lacerti che spuntavano dalle tracce dell’impianto di riscaldamento, nelle guide artistiche definiti “frammenti di affreschi” –, a voler scoprire la consistenza e la possibile continuità delle pitture.
Quello che oggi emerge ripaga l’impegno di chi ha reso possibile la restituzione del complesso artistico, dopo oltre 500 anni, alla cultura e alla fede. In primis appunto la parrocchia, vincitrice di un bando regionale con cui è stato finanziato questo primo intervento, la Soprintendenza archeologia belle arti e paesaggio sotto la cui egida si svolge il restauro per la direzione di Claudia Crosera e Rosalba Piccini, ma soprattutto la restauratrice Anna Comoretto, titolare del progetto e dell’esecuzione, coadiuvata da collaboratrici.
La direzione lavori è di Marco Lombardo, le impalcature della ditta Sabinot, mentre l’iter è seguito da Giuseppe Grosso. Il ciclo pittorico si trova nella cappella detta “feriale” dell’attuale chiesa di San Martino, alla quale si accede da una porticina a sinistra del presbiterio.
Di pianta ottagonale, l’edificio era l’abside della primitiva chiesa rinascimentale, disposta ortogonalmente rispetto all’attuale, iniziata a costruire dal 1660 alla metà del ’700 in seguito a un aumento di popolazione.
Distrutta la navata dall’edificazione della nuova chiesa, l’abside è rimasta come locale accessorio, da magazzino a cella termica. Le pestilenze, menzionate nei documenti, furono con ogni probabilità causa delle copiose mani di calce che hanno nascosto gli affreschi.
Ecco come descrive il ciclo pittorico la stessa restauratrice: «La cappella è costituita da 8 vele di diverse dimensioni separate da 7 costoloni, di queste le 3 più piccole sono rivolte verso l’arco trionfale della primitiva chiesa, reso frammentario dalla parete di separazione tra i due edifici, naturalmente priva di decorazioni. Si tratta di un ciclo pittorico ad affresco riferibile al 1535».
La data infatti si legge in un cartiglio, con i nomi dei camerari Pietro Vat (Guat o Guatto è cognome di mugnai del luogo) e Domeni Bigot (in un documento, un colono dei nobili Colloredo). Il certosino lavoro di rimozione degli strati di calce sta restituendo le pitture di buona parte delle pareti e la splendida volta, «che raffigura – spiega Comoretto – i 12 apostoli distribuiti nelle 8 vele, col Cristo benedicente sulla vela principale entro una mandorla sorretta da angeli.
Le figure in piedi poggiano su pavimento a quadri disegnati in prospettiva secondo l’andamento dell’arco. Angeli musicanti chiudono le scene verso le chiavi di volta e ricchi costoloni decorati con frutti scandiscono le 8 vele.
Sulle pareti verticali, i Padri della chiesa e Profeti, mentre nella zona inferiore, ancora da mettere in luce, stanno emergendo i Magi con cavalli e cammelli che portano i doni a Gesù. La Natività purtroppo è parzialmente persa a causa dell’apertura di un ingresso al pulpito della chiesa nuova».
Il lavoro è a buon punto, ma procede a rilento per la tenacia della calce da asportare (fino a 9 strati). Sarà necessario un secondo lotto per completare il restauro del capolavoro.
È ancora allo studio l’attribuzione a un autore o a una scuola pittorica del tempo. Si spera anche nella ricerca d’archivio. —
Riproduzione riservata © Messaggero Veneto