Dal fare da soli al forte orgoglio: come leggere la psicologia dei friulani

I dati storici e antropologici sulle differenze culturali degli altri popoli del nord e del centro Italia

Franco Fabbro

Il monumentale studio dell’antropologo statunitense David Graeber e dell’archeologo britannico David Wengrow “L’alba di tutto. Una nuova storia dell’umanità” (2021), suggerisce che il perimetro culturale di un popolo non sia necessariamente delimitato dalle barriere linguistiche.

I due autori evidenziano come all’interno di un’area culturale, una regione geografica caratterizzata da specifici usi, costumi, gastronomia, artigianato, ma soprattutto particolari attitudini psicologiche e modi di concepire il mondo, possano coesistere costellazioni di popoli che parlano lingue molto diverse (che possono far parte di famiglie linguistiche differenti).

Questo dato storico e antropologico ci permette di chiarire alcune caratteristiche dell’identità dei friulani, che li differenzia culturalmente e psicologicamente degli altri popoli del nord e del centro Italia (veneti, lombardi, emiliani e toscani), pur appartenendo tutti alla medesima famiglia linguistica, quella delle lingue romanze.

I vecchi friulani

Una buona parte dei «vecchi friulani», individui che utilizzano in famiglia e con gli amici la lingua friulana, tende a presentare un atteggiamento psicologico ambivalente, caratterizzato da sentimenti di sudditanza da un lato e di fierezza e orgoglio dall’altro.

Il sentimento di sudditanza, e il provincialismo che spesso ne consegue, dipende da un’incapacità di accettare la propria condizione e i propri limiti, ritenendo che le persone collocate ad un livello (immaginario) superiore siano più competenti e migliori di noi.

Ecco allora che le idee, lo stile di vita e gli atteggiamenti provenienti «da fuori», da Milano, Berlino o New York, sono considerati ipso facto più validi e importanti rispetto a quanto elaborato nella Piccola Patria.

Ovviamente, si tratta di un atteggiamento molto diffuso, che i friulani condividono con moltissime altre popolazioni. Infatti, gli atteggiamenti di dominanza-sottomissione sono una caratteristica tipica degli esseri umani e degli scimpanzé, i loro «cugini» più prossimi.

Per superare gli atteggiamenti di sudditanza (tipici dei sotàns) è necessario sviluppare il pensiero critico, un aspetto della cognizione umana che non è dato di default, poiché costa molta fatica.

Dato che è più facile adagiarsi sui sentimenti di sudditanza, negli ultimi settanta anni, sono state accettate, in Friuli e in molte altre parti del mondo, molte inutili novità provenienti dal mondo anglosassone, pur trattandosi di proposte talvolta palesemente ridicole o tragiche, soltanto perché provenivano dal mondo dei vincitori.

Le caratteristiche psicologiche

Una delle caratteristiche psicologiche più tipiche dello stile di vita «consumistico», la concezione del mondo più diffusa in Occidente, è l’«invidia». Essa presenta due componenti.

La prima consiste nel desiderare ciò che possiedono gli altri, e in particolare le persone che consideriamo trovarsi ad un livello superiore al nostro (per bellezza, ricchezza, intelligenza).

Questo desiderio mimetico viene sistematicamente utilizzato dalla pubblicità per spingerci a comprare senza sosta. Tuttavia, esiste un secondo lato molto più oscuro dell’invidia: cioè il desiderio (perverso) che gli altri non abbiano ciò che noi desideriamo (o possediamo).

Ora se io possiedo un i-Phone 14 Pro Max, perché debbo soffrire all’idea che anche il mio vicino possa avere un i-Phone 14 Pro Max? Invece di essere contento della possibilità di scambiare consigli, opinioni, modalità di utilizzazione con il vicino, in situazioni come questa molti esseri umani sono rosi da questa modalità dell’invidia.

Probabilmente l’incapacità di molti «vecchi friulani» di collaborare tra di loro si alimenta da questo lato perverso del sentimento d’invidia (che in Friuli sembra valere soltanto localmente poiché nei Fogolârs Furlans sparsi in Italia e nel mondo sembra invece prevalere lo spirito collaborativo).

Lo spirito di vendetta e l’invidia appaiono essere alcune delle ragioni alla base della scarsa capacità di collaborare tra di loro dei friulani.

Nel passato l’inimicizia cruenta tra gruppi è stata una caratteristica così diffusa in Friuli da meritare una serie di studi da parte di storici e antropologi stranieri, come Edwar Muir, “Il sangue s’infuria e ribolle”.

La vendetta nel Friuli del rinascimento (1998) e Patrick Heady, Il popolo duro. Rivalità, empatia e struttura sociale in una valle alpina (1999).

Il desiderio di Fare da soli

Un ulteriore aspetto che caratterizza la psicologia dei friulani e che li distingue dalle popolazioni delle altre regioni del nord Italia è l’intenso desiderio di «fare da soli» (fasìn besoi).

Non si tratta soltanto di svolgere per conto proprio un lavoro invece di affidarlo a qualcun altro, ma è una modalità di intendere il mondo che si estende anche agli ambiti economici e sociali.

Un amico, esperto di diritto societario, mi ha riferito che la maggior parte delle «Società per azioni friulane» presenta un socio che detiene più del 51% delle azioni.

Sono cioè caratterizzate da un socio che detiene il completo controllo della Società. Si tratta di uno stile societario presente più raramente nelle altre regioni, e che costituisce un orientamento contrario a quello auspicato dalla riforma del diritto societario dei primi anni duemila.

Un uomo al comando

Il controllo di un’organizzazione da parte di un unico individuo è un modello tipico del mondo militare, dove il generale in capo comanda e i soldati e gli altri ufficiali obbediscono.

Si tratta di un modello che Johann Chapoutot, nel suo libro Nazismo e management. Liberi di obbedire (2020) sostiene sia stato molto apprezzato in Germania sia prima che dopo la seconda Guerra Mondiale.

Al modello della «supremazia del capo» si oppone il modello basato sul «dialogo», condotto in maniera egualitaria e critica tra i diversi partner coinvolti in una impresa sociale o economica.

La predilezione di questo primo modello costituisce uno degli indici culturali che permettono di localizzare la mentalità dei friulani nell’area germanica piuttosto che in quella del nord Italia.

La scelta di questo modello da parte dei friulani è probabilmente collegata a istanze di natura psicologica. Infatti, nei paesi di lingua e cultura germanica (e molto probabilmente anche in Friuli) tende a prevalere nella popolazione una forma di legame di attaccamento che lo psichiatra inglese John Bowlby ha definito come «evitante».

Si tratta di una condizione psicologica che spinge gli individui a mascherare le proprie emozioni, ad essere parchi di parole e ad alimentare l’illusione (onnipotente) di essere completamente autosufficienti.

Aspetti positivi e limiti

Il carattere di ogni persona, e per estensione di ogni popolo, presenta sia aspetti positivi che limiti.

La strada per fortificare gli aspetti positivi e diminuire quelli negativi è stata tracciata, più di due millenni fa, dal pensiero filosofico greco ed è riassunta in due celebri massime scolpite nel tempio di Delfi: «conosci te stesso» e «nulla di troppo».

Il primo di questi precetti richiama l’attenzione sulla necessità di conoscere se stessi, la propria storia, la propria lingua e la propria cultura (e in secondo momento a cercare di conoscere anche gli altri, le altre culture e le altre lingue).

Il secondo precetto è di natura più prettamente terapeutica e indica che non è necessario cambiare del tutto, basta ridurre gli eccessi, limitando soprattutto gli aspetti negativi. Possiamo essere quello che siamo stati e siamo ancora, ma in maniera più consapevole, equilibrata e gentile.

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