Crisi anche alla Sweet di Gorizia: si dà il via alla cassa integrazione

L'azienda leader mondiale nella produzione di ovetti di cioccolato è a rischio. Il fondatore e titolare Manganelli: «Se Friulia non ci aiuta si va verso la chiusura»

GORIZIA. Lavoratori in cassa integrazione e, all'orizzonte, si profila addirittura il rischio chiusura. La crisi investe ora quella che da anni è la punta di diamante dell'industria goriziana, la Sweet spa, azienda leader mondiale nella produzione di ovetti di cioccolato con un fatturato nel 2010 di 20 milioni di euro.

Già da qualche mese erano stati lanciati i primi segnali d'allarme ma ora è destinata a fare rumore la notizia che i dipendenti sono stati messi addirittura in cassa integrazione: a confermarlo è lo stesso fondatore e titolare della Sweet, Fabrizio Manganelli, il quale non nasconde la propria amarezza per lo scenario che si sta delineando e arriva a paventare l'ipotesi chiusura.

«Vista la situazione attuale, stipulare l'accordo per la cassa integrazione è risultato inevitabile - afferma l'imprenditore che ormai da anni è goriziano d'adozione -. Per adesso l'attività lavorativa prosegue ma non sappiamo ancora per quanto e ho già messo in preventivo che diversi dipendenti ora se ne vorranno andare. Spero che la Sweet possa sopravvivere ma se dopo gli investimenti da 15 milioni di euro che abbiamo fatto per lo stabilimento goriziano non avremo un sostegno concreto da Friulia allora rischiamo davvero di andare incontro al peggio. E piuttosto che svalorizzare questa azienda preferisco chiuderla».

Eppure nel 2010 la Sweet si è confermata la seconda produttrice mondiale di ovetti di cioccolato (oltre 70 milioni di ovetti prodotti). Però, proprio l'anno scorso, c'è stata una prima contrazione nella produzione anche se l'azienda non aveva mai dovuto ricorrere alla cassa integrazione mantenendo un'ottantina di dipendenti fissi.

Il problema in questo momento è soprattutto di liquidità ed è legato agli ingenti investimenti. «La crisi economico-finanziaria nazionale è tale per cui le banche sono bloccate. Mi ritrovo ad aver speso 15 milioni per comprare i terreni e realizzare i nuovi capannoni e a non poterli usare - aveva spiegato già in novembre Manganelli - perché finanziariamente, non posso mettere unicamente di tasca mia i soldi per acquistare i macchinari. L'impasse si potrebbe sbloccare grazie a Friulia».

«In questi anni - aggiunge ora l'imprenditore - abbiamo scelto di restare a Gorizia, abbiamo investito milioni per quadruplicare lo stabilimento, ma senza il sostegno che ci aspettavamo ora ci ritroviamo a metà del guado. So che il sindaco Romoli ha fatto il possibile ma da chi amministra la Regione e soprattutto da Friulia ci aspettavamo di più».

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