Crac Triestina, Stefano Fantinel patteggia

Pena di un anno, 4 mesi e 20 giorni per lo spilimberghese ex presidente della fallita squadra di calcio

SPILIMBERGO. Crac Triestina, l’accordo di patteggiamento per lo spilimberghese Stefano Fantinel, ex presidente della fallita Triestina calcio, è firmato. Diventerà sentenza in occasione dell’udienza del 28 maggio. Questa è la pena che Luca Ponti, il difensore dell’ex presidente alabardato e il pm Federico Frezza, hanno concordato: un anno, 4 mesi e venti giorni. A questa “condanna concordata” per bancarotta si aggiunge la cifra di 600 mila euro che Fantinel ha cominciato a versare nell’ottobre 2010 al curatore Giovanni Turazza e ha finito negli ultimi giorni. L’accusa iniziale è stata quella di aver distratto dalle casse della Triestina oltre 6 milioni di euro. Ma, come si legge nell’istanza, «le società del gruppo Fantinel hanno versato alla fallita Triestina nel corso degli anni e prima della dichiarazione di fallimento, un importo complessivo di 14.674.710 euro, enormemente superiore all’ipotesi accusatoria». Insomma, vai a vedere che adesso l’ex presidente ci ha pure perso. Continua l’atto: «L’indagato pur non ritenendosi responsabile, ha ritenuto di raggiungere un accordo con la curatela al fine di risarcire il danno subito dai creditori della società fallita a causa delle condotte a lui addebitate corrispondendo l’importo di 600 mila euro». Si potrebbe dire, un affarone per Fantinel. Escluse le parti civile e mandati fuori gioco gli avvocati Giulio Quarantotto ne Giancarlo Muciaccia. Il primo (che comunque ha annunciato di avviare la causa civile) ha assistito i giocatori Nicola Princivalli, Denis Godeas e Luca Bossi che si sono ritenuti danneggiati in solido dal crac asseritamente provocato da Fantinel. Il secondo ha portato invano in alto la bandiera del club alabardato e dei tifosi azionisti. E cioé Sergio Marassi, Claudio Birsa, Bruno Bonech, Luciano Boschin, Pasquale Campanile, Paolo Cortivo, Walter Cusmich, Attilio Di Battista, Federico Di Vita, Marino Moro, Paolo Polidori, Mauro Tagliaferro e Luciano Wolf. La chiave di lettura del ridimensionamento delle accuse a Fantinel (e anche del risarcimento a 600 mila euro) tiene sostanzialmente conto dell’anomalia del mercato dei giocatori. Il costo di un calciatore si compone di tre voci, mediazione, cartellino e stipendio. Va da sè che se il giocatore non è di nessuno la mediazione costa di più e al mondo non c’è alcun vincolo sui proprietari dei cartellini. Ma - come sottolineato nell’allegato all’istanza - il calciatore «è un oggetto del tutto anomalo, a rapidissima obsolescenza, su quale incidono variabili imponderabili come infortuni, allenatore, ultras ambiente e infine la sua famiglia o la fidanzata». Questa spiegazione serve a far capire che gli affari sono andati male a Stefano Fantinel perché ha speso una montagna di soldi per acquistare giocatori che non hanno dato il risultato sperato. Insomma i suoi sono stati investimenti sbagliati e non solo distrazioni come era stata l’ipotesi iniziale d’accusa. E pensare che Fantinel è stato accusato tra l’altro di aver distratto dalla cassa alabardata 250 mila euro che tra il 14 febbraio e il 21 febbraio 2011 erano stati versati alla ditta La Roncaia (ora Santa Caterina) a titolo di rimborso del finanziamento dei soci, e anche di aver distratto altri 475 mila euro versando il denaro alla società Testa & Molinaro e 710mila alla Mfi. Questo nel momento in cui la Triestina era già retrocessa.

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