«Così recuperiamo i ricordi Pasolini? Salvò due vite»

Il lungo e paziente lavoro dell’associazione familiari di persone con l’Alzheimer Una tecnica che riattiva la memoria e le storie diventano affresco generazionale



Si potrebbero definire “estrattrici” di ricordi, anche se la loro tecnica di anamnesi non ha nulla di brusco e meccanico. I pezzi della memoria riemergono dagli abissi in cui li ha fatti sprofondare la malattia nel modo più naturale possibile, semplicemente toccando le corde delle emozioni. Si punta su un approccio relazionale, collettivo, e poi la storia ritrovata di ognuno si rivela ricchezza condivisa per tutti.

Così è nato un piccolo compendio di bellezza e fragilità, storie di persone “semplici” alle quali riconoscere dignità umana e culturale. Storie su cui avrebbe posato volentieri il suo sguardo Pier Paolo Pasolini. Le artefici sono Gabriella Del Duca e Clementina Pace, ex insegnanti che ormai da anni stanno aiutando decine di malati di Alzheimer a riappropriarsi dei propri ricordi. Non un percorso psicanalitico individuale, ma un’esperienza di gruppo, basata su un mantra: “ascoltare” e “socializzare”. Il loro progetto di medicina narrativa ora è diventato anche una pubblicazione, frutto della partnership tra Associazione familiari Alzheimer Pordenone (Afap), che nel 2018 ha festeggiato il decennale, e centro diurno “Fruts di un Timp” di Casarsa.

Sedici storie di uomini e donne (i cui volti sono riprodotti con dei colorati disegni) frutto di questi incontri terapeutici alla ricerca del ricordo perduto. Toccanti, commoventi, a volte drammatiche, che diventano narrazione corale di una generazione, di un territorio, di un mondo rurale ormai lontanissimo. Il casarsese Pasolini viene evocato già nella presentazione: «Forse sarebbe piaciuto anche a lui partecipare a questi incontri. Pasolini, che alcuni dei nostri ospiti hanno conosciuto, amava fare domande, attratto come noi dal racconto dell’esperienza dell’altro». Tra i ricordi riportati alla luce Pasolini compare spesso, a cominciare dal racconto di Danilo, 86 anni. «Con Pasolini d’estate si andava a fare il bagno nel Tagliamento, ma era pericoloso perché si formavano i gorghi. Lui ha salvato due persone che stavano per annegare. Dico a chi lo critica. “Se non l’hai conosciuto, non puoi dire niente”». Concetto confermato da Dante: «Era una persona speciale. Una volta si è tuffato nel fiume per salvare una che stava annegando».

Ma come nasce il metodo per “estrarre” i ricordi? «Nel 2010 abbiamo iniziato a leggere alle persone affette da Alzheimer la raccolta “I quaderni della memoria”, con testimonianze e storie di vita degli anziani di Fontanafredda e Sacile, dell’associazione “La Fucina” – racconta Clementina Pace –. Abbiamo notato che ascoltare quei ricordi stimolava il recupero della memoria colpita dalla malattia. Si rimettevano in moto ricordi, sensazioni, emozioni, soprattutto quando si rendevano conto di riconoscere esperienze simili, come quelle legate alla guerra o all’emigrazione. Così, da uditori, abbiamo pensato di farli diventare protagonisti». Ecco allora la nascita dei gruppi di ascolto e di condivisione ospitati nella sede dell’Afap, nel caffè della biblioteca e al centro diurno di Casarsa (con le operatrici Francesca e Lena), in cui ogni persona è chiamata a raccontare i propri ricordi, stimolata dalle domande mirate di Clementina e Gabriella. «Luoghi pubblici, per aprirci alla città e perché la priorità è anzitutto socializzare, relazionarsi – sottolineano –. Un approccio importante anche per i familiari dei malati perché bisogna evitare di restare soli davanti all’Alzheimer. Stare tutti insieme aiuta a sopportare il peso. E per il malato la cura migliore è rimettere in moto le emozioni. I risultati sono sorprendenti». —



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