Concessione senza gara? Mainardi: ad Autovie potrebbe costare cara

PORDENONE. Società autostradali verso la proroga delle concessioni, ma il rinvio della gara non è per forza un motivo di cui gioire. Perché mantenere le società “in house” (cioè a capitale interamente pubblico) significa andare a incidere sul debito pubblico. Senza contare i problemi che possono insorgere nella cessione delle quote dei soci privati.
Ne è convinto Bortolo Mainardi, già commissario straordinario del Tav (Treno alta velocità) Venezia–Ronchi e consulente del commissario per la terza corsia della A4 ai tempi di Renzo Tondo e della giunta di centrodestra.
Sono quattro le concessionarie autostradali del Nordest (Autovie Venete, Brescia-Padova, Cav e Autobrennero) e valgono all’incirca 1 miliardo e 100 milioni di euro lordi di pedaggio sui 6 miliardi e 700 milioni di euro lordi che le 22 concessionarie in Italia introitano in un anno (dati Aiscat relativi al 2013-’14).
Le concessioni dell’Autobrennero e della Brescia-Padova sono già scadute, mentre Autovie è prossima: marzo 2017.
Il governo italiano ha chiesto all’Europa la possibilità di prorogarle e «La Commissione europea ha dato sostanzialmente un via libera per l’allungamento delle concessioni pubbliche senza passare per una gara, più specificatamente per l’Autobrennero e Autovie, mentre per il Gruppo privato di Gavio le posizione europee sono più rigide» evidenzia Mainardi.
Anche se manca ancora il sigillo, la proroga per le concessioni “in house” «era già espressamente prevista dall’articolo 17 della Direttiva Comunitaria 23/2014, che deve essere recepita dal nostro ordinamento nazionale entro il 18 aprile del prossimo anno» ricorda Mainardi.
Con buona pace di chi – come il presidente dell’Anac Raffaele Cantone e il presidente della Commissione ambiente della Camera Ermete Realacci (Pd) – aveva sollevato perplessità.
L’Europa però blinda le proroghe «alle sole società autostradali con gestione totalmente pubblica per cui nelle società “in house” non potranno figurare soci privati neanche in piccole quote – mette in luce Mainardi –. Sia Autovie che Autobrennero dovranno pertanto costituire una sorta di Newco a cui affidare la nuova gestione dopo aver liquidato tutti gli azionisti privati che sono oggi presenti in Autovie per circa l’8 per cento e in Autobrennero per il 17 per cento».
Tutto in discesa? «Solo se i privati digeriscono il cambio senza problemi, altrimenti si affacciano salite non facili da superare né indolori. La concessione della Brescia-Padova – ricorda Mainardi – è scaduta il 30 giugno scorso in quanto non è stato approvato il progetto definitivo della Valdastico Nord, progetto che non è possibile redigere per la storica contrarietà della Provincia di Trento».
Un’opera, la Valdastico, che prevede un costo di 2 miliardi di euro, che lo Stato poi dovrà riconoscere al 2026 alla Brescia-Padova quale indennizzo.
«Io metterei in gara la concessione scaduta soprattutto perché questo onere verrebbe a carico integralmente dei privati. Comunque, conosco fin troppo bene e da oltre un decennio le motivazioni della radicale opposizione alla Valdastico Nord della Provincia di Trento che tra l’altro ritiene il progetto trasportisticamente inutile» chiosa Mainardi.
Ma la questione Valdastico, secondo l’ex commissario, è tutt’altro che isolata.
«Sono in programma interventi da realizzare sulle autostrade del Brennero e da Mestre a Trieste per circa 2,5-3 miliardi di euro. Quando le società di gestione saranno interamente soggetti pubblici, tutti i debiti finanziari andranno ad aumentare il debito pubblico dello Stato. Sinceramente oggi io mi chiedo quale sia il reale vantaggio, per lo Stato, di evitare le gare e sostenere queste soluzioni “in house”: se da un lato peggiorano il già gravoso debito pubblico, dall’altro fanno venir meno l’indennizzo che le società – con soci privati – devono allo Stato qualora vincano le gare per il rinnovo delle concessioni».
Un tema che chiama in causa la politica e sul quale Mainardi preferisce tacere. «Diciamo che me ne sto correttamente lontano, senza però rinunciare a rivendicare la superiorità morale dell’economia e della concorrenza di mercato».
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