Con i lettori alla scoperta del cimitero monumentale di Udine, un viaggio nella storia tra i nomi illustri

UDINE. Lungo la galleria di ponente del cimitero di San Vito, a Udine, c’è una donna riversa su una tomba. È inginocchiata con il volto posato sul freddo marmo bianco. Dal suo capo un lungo drappeggio che le copre il corpo, contratto dal tentativo quasi disperato di aggrapparsi alla pietra.
Di marmo è anche questa figura, una delle tante sculture presenti a San Vito, davanti alla quale i lettori, iscritti a Noi Messaggero Veneto, hanno trattenuto il respiro qualche secondo: «Sembra vera», ha detto qualcuno a bassa voce.
Genius Loci, uno degli eventi gratuiti previsti per la comunità dei lettori del Messaggero Veneto, ha richiamato in viale Firenze novantasei persone, il triplo degli iscritti previsti.
Curiosi, amanti della storia locale o della scultura. Nonni e nipoti. Ieri pomeriggio i lettori si sono radunati davanti al cimitero di San Vito, alcuni arrivando con mezz’ora di anticipo rispetto all’orario prestabilito. Presente alla visita guidata anche l’assessore alla cultura Federico Angelo Pirone: «La città è di chi la vive, bisogna andare fieri di un posto come questo. E soprattutto dobbiamo andare fieri di una città capace di avere ancora una così folta comunità di lettori».
Non una semplice visita. Genius Loci è stato un viaggio a ritroso nella storia della città, attraverso gli aneddoti di chi l’ha resa grande e di chi ha portato il Friuli fuori dai confini regionali. Guidati dalla scrittrice Elena Commessatti, autrice di numerosi libri sulla storia locale e firma storica di Genius Loci, i lettori hanno fatto un balzo indietro nel tempo, nel 1804 quando Napoleone ha emanato l’editto di Saint Cloud che di fatto spostava i cimiteri fuori dal centro abitato. Poco più tardi l’architetto Valentino Presani, «uomo di grande intelletto, rigido nelle forme ma non nelle idee», come lo descrive la scrittrice, mette le mani sul progetto del cimitero di San Vito, opera che non vide mai compiuta.

Passeggiando tra le sepolture di grandi uomini, si legge tra le righe la storia sociale di questa città. E le vicende si intrecciano un po’ come le radici degli alberi, gli stessi che donano ombra e ossigeno al cimitero.
La prima tappa del giro è davanti alla tomba Sello, dove la luce è catturata dal maestoso mosaico dorato. Assente una croce, sostituita lateralmente da due simboli: l’alfa e l’omega, l’inizio e la fine. Proseguendo lungo la galleria, i visitatori si ritrovano davanti alle sepolture di altri grandi uomini come ad esempio quella di Cesare Miani, l’architetto del Contarena o come il commerciante di sete Antonio Marangoni.

«Quest’area del cimitero è stata costruita nel 1800. Non troveremo particolari decorazioni o busti perché il tratto distintivo di quel periodo doveva essere l’austerità», racconta la guida, soffermandosi sui dettagli architettonici delle tombe più antiche.
Poco più avanti l’attenzione di tutti è catturata dall’angolo dei Benemeriti della città. È qui che i novantasei lettori si soffermano un po’ di più, alcuni per scattare foto altri per leggere i nomi dei personaggi che hanno fatto la storia di Udine e del Friuli. Impressi con lettere dorate sul marmo bianco, ci sono l’attore Nico Pepe, il geografo Giovanni Marinelli, lo statista Tiziano Tessitori o lo speleologo Giovanni Battista De Gasperi. «Queste vite così diverse si incrociano in questo luogo e mostrano i mille volti della nostra storia sociale», aggiunge Commessatti.
Il gruppo fa poi tappa davanti alla lapide di Elena Morpurgo in Rubini, figlia di Elio Morpurgo. Quest’ultimo venne deportato nei campi di concentramento nel 1944, a 84 anni. Poco più avanti, nella parte ebraica del cimitero, è possibile vedere un cenotaffio, una tomba vuota in suo ricordo. La figlia Elena, invece, scelse di essere sepolta nella parte cristiana del cimitero, vicino al marito. Ma il momento più significativo di questo appuntamento con il Genius Loci è davanti alla tomba di Arturo Malignani: semplice, circondata da un cancello in ferro nero e fiori rossi al centro. Qui i lettori ascoltano la storia di questo grande uomo friulano, imprenditore e inventore che segnò la svolta nello sviluppo dell’energia elettrica, vendendo a Edison il brevetto per la lampadina. La visita dei lettori finisce in un luogo significativo, davanti alla sepoltura di Raimondo D’Aronco. Qui il cuore fa quasi un saltello: poco prima della struttura, un magnifico esempio di stile Liberty, ci sono due transenne che delimitano lo spazio. Pericolosa, lasciata all’incuria. Lì dove riposa l’architetto ora ci sono le erbacce che si insinuano tra i mattoni. Un’immagine che parla di morte molto più delle tombe che la circondano. Un’immagine che Presani non avrebbe mai voluto all’interno della sua opera. Ma che, forse, in qualche modo aveva previsto quando nei suoi appunti scrisse: «Sono molti che si contentano di osservare la parte materiale, pochi si curano di entrare nella ragione dell’arte e di consacrare qualche momento alla riflessione».
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