Commercialista accusata di aver falsificato la firma: scagionata dalla perizia

Al centro della vicenda l’attuale assessore Emanuela De Marchi Un cliente l’aveva denunciata: è stato condannato per calunnia



. Dall’accusa di aver falsificato una firma per ottenere il recupero di un credito, alla contro denuncia per calunnia, confermata dalla sentenza della Corte d’appello di Trieste diventata definitiva dopo il giudizio di inammissibilità espresso sulla domanda di ricorso. Un vortice giudiziario lungo sei anni per veder riconosciuta la propria posizione di professionista truffata da un cliente che pur di non pagare la sua commercialista «l’ha incolpato sapendola innocente» come si legge nella sentenza di condanna, accusandola di aver falsificato una firma.

Una truffa architettata così bene al punto di aver firmato lui stesso con una “B” particolarmente panciuta e prossima alla modalità di riproduzione tipica dei bambini delle scuole elementari; un tratto calligrafico mai emerso nelle perizie prodotte durante il processo. Praticamente il dissimulatore – scrive ancora il giudice – nell’intento di modificare la propria scrittura per poter poi sostenere che era solo un’imitazione, ha inserito nella propria firma elementi diversi. A riprova della volontà di manipolare lo scritto.

Tutto comincia nel 2012 quando Gianfranco Buonanno 57enne originario di Sacile si trasferisce a Latisana e si rivolge allo studio della commercialista Emanuela De Marchi, oggi assessore alle finanze per il Comune di Latisana, per gestire l’aspetto contabile della sua professione di agronomo. Concordato l’importo annuo l’uomo versa in acconto la metà. Da qui iniziano i problemi: l’uomo non consegna la documentazione richiesta, non paga le deleghe F24, non si presenta mai in studio e comunica solo via mail. Giunti ormai a un anno dall’incarico gli viene chiesto di saldare il pattuito, cosa che non avviene. Il Buonanno viene quindi invitato a presentarsi nello studio di Latisana per ritirare tutta la sua documentazione ma pur di non andarci di persona suggerisce di lasciare la sua cartella al bar. Ovviamente lo studio rifiuta e finalmente ottiene un incontro con il 57enne per la consegna di tutta la sua documentazione e per un accordo su come saldare i 1. 300 euro che ancora mancano: l’uomo si impegna a pagare il conto in due rate e firma una dichiarazione in tal senso. Scaduti i termini per saldare, davanti a una sentenza del Giudice di Pace (al quale nel frattempo la commercialista si è rivolta) che impone il pagamento l’uomo presenza una denuncia contro Emanuela De Marchi per falso, sostenendo che la firma sull’accordo non è sua ma è stata fatta dalla commercialista, ottenendo così un interruzione dell’esecutività della sentenza del Giudice di Pace.

In Tribunale la perizia calligrafica scagiona in pieno la De Marchi e il procedimento viene archiviato. Si apre però quello per diffamazione e calunnia che la stessa commercialsita presenta contro il Buonanno che in primo grado viene assolto perché il fatto non sussiste. Ma è la stessa Procura a opporsi a questa sentenza ricorrendo in Corte d’appello. Il processo si chiude con una sentenza che ribalta la precedente, definita «insostenibile per incoerenza logica e un’errata valutazione del materiale probatorio» e con una condanna a carico del 57enne per due anni e sei mesi di reclusione, oltre alla richiesta di risarcimento del danno che sarà stabilito in sede civile.

«Spiace constatare che ci sono persone disposte a tutto pur di sottrarsi ai propri obblighi, per giunta concordemente assunti, pensando di poter fare ciò impunemente – commenta la vicenda, Emanuela De Marchi – nello specifico la persona pur avendo da me ricevuto impegno e attenzione professionale, pur di non pagare un corrispettivo concordato di 1. 300 euro non ha esitato ad accusarmi e denunciarmi ingiustamente, coinvolgendomi in una lunga vicenda giudiziaria, poi conclusasi per me favorevolmente». —

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