Codice della strada, si allenta la stretta sull'uso degli stupefacenti: la segnalazione arrivata dal tribunale di Pordenone
Una nuova circolare, inviata alle prefetture dai ministeri dell’Interno e della Salute, spiega che occorre accertare che il conducente sia ancora sotto effetto di sostanze stupefacenti o psicotrope mentre è alla guida: a inizio aprile erano partite dalla Destra Tagliamento (chiamando in causa la Corte costituzionale) le perplessità sulla legittimità della norma

La semplice assunzione di sostanze stupefacenti da sola non basta, deve essere accertata l’alterazione della capacità di guidare al momento del controllo.
Un cambio di terminologia che fa una differenza enorme, perché di fatto quello che si configura è un dietrofront radicale: si allenta la stretta sulle sostanze stupefacenti per chi si mette alla guida.
È la nuova circolare inviata alle prefetture e alle forze dell'ordine a chiarire come applicare le regole del nuovo Codice della Strada approvato nel novembre 2024, negando in sostanza l'interpretazione che della legge aveva dato a suo tempo il ministro dei Trasporti, Matteo Salvini, e stabilendo altri criteri.
Cambia quindi l’interpretazione delle direttive: una rivisitazione rispetto alla “rigidità” iniziale del ministero dei Trasporti sul tema dell’assunzione di droghe per chi si mette al volante.
Una novità che risponde ai dubbi sollevati, tra i primi in Italia, dal tribunale di Pordenone che all’inizio di aprile aveva chiesto alla Corte costituzionale di valutare la legittimità del nuovo codice della strada.
Le obiezioni del tribunale di Pordenone
Il caso che aveva sollevato la questione riguardava una persona che si era messa alla guida dopo l’assunzione di sostanze stupefacenti: il gip Milena Granata del tribunale di Pordenone, su richiesta avanzata dalla Procura, aveva sollevato la questione di legittimità costituzionale sull’articolo 187 del Codice della Strada, dove la contravvenzione “guida dopo l’assunzione di sostanze stupefacenti” è stata riformulata sopprimendo le parole “in stato di alterazione psico-fisica”, fondandola quindi sul mero riscontro di una positività a stupefacenti, che può essere data anche dall’assunzione di medicinali con principi attivi psicotropi. Una situazione che porta chiunque si metta alla guida dopo aver assunto sostanze stupefacenti o psicotrope a essere punito con l’ammenda da 1.500 a 6mila euro, oltre all’arresto da sei mesi a un anno.
A dare origine alla questione, la memoria presentata dal pm Enrico Pezzi per il caso di una donna, messasi alla guida dell’auto e poi scontratasi con un altro mezzo. Ricoverata in ospedale, la donna aveva detto di aver assunto tre gocce di ansiolitico En, principio attivo delorazepam, e di assumere con regolarità il farmaco Tachidol, principio attivo codeina, per una patologia cronica. Le analisi tossicologiche su un campione di urine avevano evidenziato una positività agli oppiacei, quelle su un campione ematico, invece, esito negativo, chiarendo così che l’assunzione delle sostanze era avvenuta in un momento precedente alle 24/72 ore rispetto all’incidente.
Il pm aveva chiesto al gip di sollevare la questione di legittimità. In subordine, in applicazione del principio di obbligatorietà dell’azione penale, aveva chiesto di emettersi nei confronti della donna un decreto penale di condanna alla pena di 5.250 euro di ammenda. Il gip aveva poi condiviso le motivazioni e le indicazioni delle norme costituzionali di cui si contesta la violazione dei principi, sollevando la questione di legittimità e disponendo la remissione degli atti al vaglio della Consulta.
Entrambi, tuttavia, avevano espresso dubbi sulla legittimità della norma in esame in relazione all’articolo 3 della Costituzione per i principi ragionevolezza, proporzionalità e in riferimento al principio di uguaglianza.
Si allenta la stretta sulla droga al volante
Viene così sconfessata l’impostazione introdotta dal ministro Salvini riguardo le sanzioni per chi fa uso di sostanze stupefacenti, che doveva essere valutata a prescindere dagli effetti sulla capacità di guidare, legata esclusivamente al principio attivo rinvenuto nel corpo: prima, insomma, che la droga fosse stata assunta un’ora prima o una settimana prima non faceva differenza: bastava un test con esito positivo per incriminare una persona e sospenderle la patente. Quel principio non vale più: la nuova circolare chiarisce che per accusare qualcuno per guida dopo l’assunzione di sostanze stupefacenti bisogna accertare che la sostanza «produca ancora i suoi effetti nell’organismo durante la guida».
Tempi dell’assunzione prima della guida
Secondo la nuova direttiva è necessario provare che la sostanza sia stata assunta in un periodo di tempo «prossimo» alla guida del veicolo. In questo modo i ministeri hanno recuperato il criterio dello stato di alterazione psico-fisica.
Non solo: lo stato di alterazione non deve essere valutato da un medico ma sono carabinieri e polizia che devono sottoporre la persona a un test salivare, considerato «accertamento preliminare». Solo in caso di positività vanno prelevati due campioni di saliva: entrambi vanno conservati a una temperatura di 4 gradi, e mandati al laboratorio di tossicologia forense nel più breve tempo possibile.
Il test del primo campione
A questo punto nel laboratorio vengono fatte analisi chiamate “di conferma”, le uniche che possono portare a un’incriminazione. Il primo campione prelevato, quello che aveva fatto emergere la positività, analizzato secondo le linee guida dall’associazione Gruppo Tossicologi Forensi Italiani, serve a individuare le molecole prodotte quando le sostanze stupefacenti vengono metabolizzate, che in gergo sono chiamate metaboliti. Quando i metaboliti sono attivi significa che le sostanze hanno ancora effetto, mentre i metaboliti inattivi confermano che l’effetto delle sostanze o dei farmaci è finito.
Metaboliti inattivi
Nella circolare si legge poi che la presenza nella saliva o nel sangue di metaboliti inattivi di sostanze stupefacenti non consente di accertare lo stato di intossicazione e quindi non può portare a un’incriminazione. Per questo motivo vanno anche esclusi i test delle urine, non indicativi di un’intossicazione in atto. In un altro punto si specifica di valutare anche l’eventuale presenza di metaboliti legati a terapie fatte in ospedale o prescritte dal medico curante. Un passaggio importante, perché esclude le sanzioni nei confronti di persone che assumono farmaci a base di oppioidi o psicofarmaci che hanno gli stessi principi attivi delle sostanze stupefacenti.
Le analisi di secondo livello
Se anche l’analisi di secondo livello conferma la positività, il secondo campione raccolto deve essere conservato dal laboratorio di tossicologia forense a -18 gradi per almeno un anno dal primo referto. Il secondo campione rimane a disposizione della magistratura e degli avvocati per eventuali contro-analisi.
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