Cividale, processo agli ex vertici Morto l’accusatore Gianni Moro

Il processo sul presunto scambio di reciproche utilità (leggasi tangenti e favori in cambio di prestiti e finanziamenti) tra gli ex vertici della Banca di Cividale spa e una ristretta cerchia di loro...
Il processo sul presunto scambio di reciproche utilità (leggasi tangenti e favori in cambio di prestiti e finanziamenti) tra gli ex vertici della Banca di Cividale spa e una ristretta cerchia di loro amici imprenditori tra il 2004 e il 2010 ha perso una delle figure cardine dell’inchiesta: l’immobiliarista trevigiano Gianni Moro, cioè colui che, così come il commercialista udinese Franco Pirelli Marti, con le sue rivelazioni mise in moto la macchina giudiziaria e che finì poi per ritrovarsi a sua volta iscritto sul registro degli indagati, è morto nelle scorse settimane a seguito della grave malattia contro cui da tempo combatteva.


Ribattezzato dalla stampa “re” dei centri commerciali - così un articolo de Il Giornale del 2005 -, Moro era stato accusato di avere chiesto alla Cividale un finanziamento di 20 milioni di euro per aprire l’ennesimo cantiere in Belgio. Da qui, l’ipotesi di reato della corruzione tra privati contestatagli dal pm (oggi capo a Pordenone) titolare del fascicolo, Raffaele Tito, accanto a quelle di estorsione o, in alternativa appunto, corruzione tra privati, violazione del Testo unico bancario e induzione a dichiarare il falso agli inquirenti mosse a vario titolo agli altri imputati. A cominciare dall’allora presidente Lorenzo Pelizzo, dall’ex direttore generale Luciano Di Bernardo e dall’ex vicedirettore generale Gianni Cibin e fino a comprendere anche l’imprenditore Daniele Lago, presidente della “Steda spa” di Rossano Veneto incaricata dei lavori di realizzazione della nuova sede della banca e nel frattempo fallita.


L’altro giorno, nella prima udienza dopo la pausa estiva, il tribunale collegiale presieduto da Angelica Di Silvestre ha dichiarato il non luogo a procedere nei confronti di Moro per intervenuta morte dell’imputato. Il dibattimento, cominciato nel giugno 2015 e impegnato ancora nell’audizione dei testi dell’accusa, avrebbe dovuto passare attraverso altre due udienze entro la fine dell’anno. Le esigenze di tempo e spazi imposte dall’attività della Corte d’assise - al lavoro sul duplice omicidio dei fidanzati di pordenone -, però, ha reso necessario un cambio in corsa del calendario, che ha fatto slittare il processo sulla Cividale al 30 gennaio. In quella data, seguita entro la primavera da altre due udienze già programmate, si ripartirà dalla sfilata dei testi.


La scomparsa di Moro, che nel procedimento era difeso dagli avvocati Francesco Murgia, di Treviso, e Marco Vassallo, di Venezia, priva le parti di uno dei due testimoni decisivi (l’altro è Pirelli Marti) della pubblica accusa, rappresentata ora dalla pm Paola De Franceschi, e assegna alle sue dichiarazioni - quelle rese in indagini - il valore di atto irripetibile. Qando scoppiò, l’inchiesta giudiziaria, che ha ipotizzato un danno complessivo alla banca di oltre 21 milioni di euro, aveva avuto l’effetto di azzerare il vecchio management. Non è un caso se a costituirsi parte civile fosse stato lo stesso istituto di credito, oltre che il notaio Pierluigi Comelli, la curatela di Cogefa e altri cinque soci, tra cui l’ex senatore Rinaldo Bosco.


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