Cinghiali ancora scatenati distrutto un campo di mais

VILLESSE. Qualcuno a Villesse li chiama ironicamente Unni, altri con il loro vero nome, cinghiali, tanto - dicono gli agricoltori del luogo - producono lo stesso risultato finale: la distruzione...
Di Edo Calligaris

VILLESSE. Qualcuno a Villesse li chiama ironicamente Unni, altri con il loro vero nome, cinghiali, tanto - dicono gli agricoltori del luogo - producono lo stesso risultato finale: la distruzione totale delle colture con cui questi voraci ungulati riescono a sfamarsi.

A denunciare uno spettacolo davvero desolante stavolta è l’agricoltore villessino Denis Blason, il cui campo di mais è stato preso pesantemente di mira da un gruppo di cinghiali o da una mamma di grosse dimensioni, stando alle impronte lasciate sul terreno, seguita dai suoi piccoli, che in un paio di notti, per impossessarsi delle ancor tenere pannocchie, hanno abbattuto circa metà dei 9 mila metri quadri del suo terreno coltivato a mais nella zona di Zurle a Villesse, vicino ai laghetti, mentre il rimanente - Blason ne è sicuro - verrà distrutto nelle prossime due o tre notti, senza poter fare praticamente nulla.

«Nel corso degli anni i cinghiali si sono moltiplicati a dismisura – segnala ancora Blason – e si sono fatti pure furbi, visto che iniziano a mangiare il mais nella parte centrale del campo, dove nessuno li vede, mentre altre volte, non trovando di che sfamarsi, si avvicinano di molto alle case alla ricerca di cibo».

Attorniato da altri agricoltori chiamati a guardare la strage che i cinghiali hanno compiuto a macchia di leopardo nel suo campo, Blason parla con molta rabbia, e con gli occhi umidi descrive i tanti sacrifici compiuti finora per far crescere il mais, seminato più volte sempre a causa dei cinghiali, poi irrigato costantemente pagando la dovuta quota al Consorzio e infine ripagato con la distruzione totale del raccolto.

«Qui si rischia davvero di chiudere bottega, se non si corre subito ai ripari», aggiunge ancora Blason, mentre i suoi colleghi presenti, quasi tentati di farsi giustizia da soli, gli danno man forte e rincarano la dose dicendo che «non ne possiamo più di dover sopportare questa situazione».

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