Cimolai, aziende dell’indotto a rischio

San Giorgio: il contenzioso per il Canale di Panama che coinvolge la società friulana preoccupa gli imprenditori della Ziac
San Giorgio di Nogaro 21 giugno 2012.Visita al cantiere CIMOLAI di Aussa Corno con la titolare Paola Cimolai..Telefoto Copyright Petrussi Foto Press / Ferraro Simone
San Giorgio di Nogaro 21 giugno 2012.Visita al cantiere CIMOLAI di Aussa Corno con la titolare Paola Cimolai..Telefoto Copyright Petrussi Foto Press / Ferraro Simone

SAN GIORGIIO DI NOGARO. Preoccupazione nella Bassa friulana e nel Pordenonese per le ripercussioni che la contrapposizione in atto tra l’Authority gerente il consorzio Gupc, partecipato da importanti gruppi europei, fra cui l’italiana Impregilo Salini, e la Cimolai Spa sul contenzioso inerente gli extra-costo di 1,6 miliardi di dollari per la costruzione del raddoppio del Canale di Panama, che potrebbe creare serie difficoltà occupazionali, se non arriverà a soluzione, non solo ai lavoratori diretti (circa 200 persone), ma a quelli del consistente indotto.

A manifestare preoccupazione sono gli imprenditori del territorio, sia quelli dell’area industriale Aussa Corno di San Giorgio di Nogaro sia di Polcenigo, nelle quali la presenza della Cimolai fa da traino all’industria stessa e, appunto, all’indotto. Della vicenda si sta occupando anche l’Unione Europea, che si propone, come annunciato dal vice-presidente della Commissione europea Antonio Tajani, con un ruolo da mediatore politico e quale valore aggiunto per trovare una soluzione al contenzioso sul Canale di Panama,

Ma a preoccupare sono anche le affermazioni del presidente dell’Acp, l’Authority che gestisce il Canale, Jorge Quijano, che ritiene più probabile che si giunga a una rottura e prende in considerazione l’ipotesi di un nuovo costruttore in luogo del “cartello” europeo: sull’operazione sembra stagliarsi l’ ombra del colosso statunitense Bechtel, che nel 2009 fu superato dall’eurocordata, con conseguenza per la cordata europea tutte da valutare.

Alla Cimolai, la più avanzata azienda per costruzioni metalliche in Italia e all’estero, comunque si continua a lavorare e i vertici, da noi contattati dicono che «non ci sono dichiarazioni in merito». Va detto, infatti, che la Cimolai in questo momento sta operando su diversi progetti, oltre alla paratoie del Canale di Panama, ha progetti in corso e di recente acquisizione, come il World Trade Center di New York (Usa), la Torre di Intesa San Paolo a Torino, le paratoie del Mose di Venezia, il New Safe Confinement a Chernobyl (Ucraina), il ponte sul Crati di Cosenza, il ponte Bayonne di New York (Usa) e la copertura dei Parchi minerali di Taranto.

Come si ricorderà, le paratoie del nuovo - il secondo canale di Panama: 16 “porte” lunghe 60 metri, alte 30 e larghe 10: 4 mila tonnellate l’una - rappresentano l’appalto, il più importante dal punto di vista economico nella storia del gruppo pordenonese, garantito dalla Gupc, Grupo Unidos Por el Canal, un consorzio di quattro imprese internazionali fra cui Impregilo da 350 milioni di dollari, che ha visto la Cimolai investire tra San Giorgio e Polcenigo quasi 15 milioni in nuovi capannoni e pavimentazioni. Da Polcenigo arrivano i pezzi da assemblare, circa otto Tir al giorno. Li scaricano nel nuovo capannone, quello realizzato prima per la costruzione delle navi, ora per le paratoie, dove ci sono ponti e gru adeguate alle dimensioni e alle esigenze e carrelli che trasportano pezzi da 400 tonnellate. Fra un capannone e l’altro delle “sale prova”, dove ai raggi “x”, si controlla la qualità di tutti i manufatti.

La prima “tranche”, composta da 4 paratoie, l’estate scorsa era stata trasportata in chiatta a Trieste e poi imbarcata sulla un’unità speciale della sudcoreana Stx, per raggiungere Panama in un viaggio atlantico di circa un mese.

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