Ciclo culturale sugli inni di Mussolini, è polemica a Pordenone

Via alla rassegna sull’ “artefice della rivoluzione fascista e Duce della nuova Italia” . Comune in regia, l’opposizione la prende male. Il docente: «Guardiamo avanti»

PORDENONE. Questa volta opposizione e maggioranza se le cantano proprio. Già perché oggetto dell’interrogazione del Pd che fa dire all’assessore alla cultura Pietro Tropeano «l’iniziativa l’avete autorizzata voi», è un’iniziativa sull’innografia di Mussolini.

O meglio: un ciclo di conferenze organizzate in biblioteca, con un titolo che ha fatto sobbalzare i consiglieri di centrosinistra: “La innografia per Benito Mussolini, artefice della rivoluzione fascista e duce della Nuova Italia”. Un titolo, secondo il Pd, che suona apologico. Ma il relatore, il professore di letteratura Mauro Brusadin (da molti conosciuto come Papu), respinge i sospetti e prova a riportare la questione nel terreno che gli è proprio, quello della conoscenza.

I dubbi del Pd. «A destare la nostra attenzione – scrive il gruppo dei dem che in consiglio è presieduto da Nicola Conficoni – non è tanto l’analisi storica della propaganda quanto il numero e ancor più il titolo degli incontri, che suonano come un’esaltazione del ventennio fascista.

Di qui la richiesta di conoscere quali siano le ragioni di tipo culturale che hanno portato ad una descrizione non solo acritica ma positiva dell’esperienza del Duce e ad una trattazione così articolata di un tema che - dal punto di vista dei Democratici - non rientra certo tra le priorità».

E aggiunge il gruppo di cui fa parte anche la segretaria Daniela Giust: «Chiediamo che il titolo dell’iniziativa sia tempestivamente corretto per mettere in risalto che quella fascista è stata una dittatura durante la quale sono state negate libertà fondamentali e promulgate le leggi razziali». Un suggerimento? «“La canzone italiana e il Fascismo. L’innografia per Benito Mussolini, autore della dittatura fascista e delle leggi razziali”».

Brusadin. Il relatore non è disponibile a cambiare alcun titolo, «altrimenti saluto e me ne vado – dice il prof –. Non mi stupisco della reazione, ma sarebbe stato bello che qualcuno mi chiamasse per chiedermi cosa faccio. Non c’è alcuna apologia nelle mie conferenze bensì il racconto, attraverso le canzoni, di un’Italia che tra il ’33 e il ’35 era fascista. Credo che a 80 anni di distanza sia il momento di parlare di quel periodo senza nostalgie ma anche senza pregiudizi. Non mi resta che invitare i consiglieri a venire a seguire le conferenze – che per altro avevo presentato lo scorso anno all’Ute –, per giudicare di persona. Per quanto riguarda il mio rapporto con la politica, poi, non me ne occupo più dagli anni ’70».

Giallo sulla paternità. L’assessore alla cultura Pietro Tropeano, spiega che il ciclo di conferenze «è stato autorizzato dall’assessore Cattaruzza lo scorso febbraio. Da chi ha amministrato 15 anni mi aspetterei almeno una verifica prima di fare interrogazioni di questo tipo. Io sono aperto al confronto con tutti, ma su temi veri che possono far crescere la cultura della nostra città. Tra l’altro Brusadin, che non conosco personalmente, non mi risulta essere uomo di destra».

Ma Cattaruzza, interpellato sul tema, respinge ogni accusa al mittente. «Io non ho autorizzato proprio niente e non conosco nemmeno Brusadin. Ricordo che con la biblioteca, che ha sempre avuto molto indipendenza, si discusse di conferenze sull’innografia in Italia, ma mai mi è stato proposto un ciclo specifico di conferenze sul periodo fascista».

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