«Centrale unica del 118 per un servizio migliore»

UDINE. La Regione Friuli Venezia Giulia nei giorni scorsi ha dato il via libera alla realizzazione della centrale unica del 118. Dall’autunno del 2015 la gestione delle emergenze sanitarie non sarà più competenza di quattro distinti punti di raccolta delle chiamate - una per ogni provincia -, ma di un’unica centrale operativa regionale che troverà spazio a Jalmicco di Palmanova, nello stesso edificio che ospita la Protezione civile.
La scorsa settimana la proposta dell’assessore Maria Sandra Telesca ha incassato l’ok della Giunta guidata da Debora Serracchiani.
Di questa “unificazione” si parlava già nel lontano 1998, quando il dottor Elio Carchietti dirigeva la centrale del 118 di Udine (ora è responsabile anche dell’Elisoccorso regionale).
Ed è lui stesso a spiegare perché «avere un solo punto di riferimento sarebbe un bene, sotto ogni punto di vista».
Dottor Carchietti, quando spuntò per la prima volta l’idea di una centrale unica?
«Io mi occupo di emergenza, al 118, dal 1996. E ricordo che un paio di anni più tardi, nel 1998, già si cominciava a parlare della possibilità di gestire tutte le richieste di soccorso da un’unica sala operativa per tutto il Friuli Venezia Giulia. Tale ragionamento si basava soprattutto su considerazioni demografiche, ossia sul numero relativamente ristretto di abitanti della Regione».
Concretamente, all’epoca, cosa si voleva fare?
«In quegli anni non c’era la centrale della Protezione civile a Palmanova e, dunque, si pensava a Udine come sede per via della sua collocazione geografica».
Poi, però, sono passati anni e non se n’è fatto nulla...
«Già, certe volte sono necessari anni per “digerire” un’idea nuova e, in questo caso è andata proprio così. Per realizzare questo progetto saranno necessari approfondimenti, aggiustamenti e tavoli di confronto, ma non per questo bisogna rinunciare a migliorare».
Dottore, lei ha sempre sostenuto la bontà di questo progetto. Quali benefici concreti potrebbe portare ai friulani?
«Le persone chiameranno sempre il 118, come prima. Ma il servizio offerto sarà diverso: più omogeneo ed efficiente a fronte di risparmi non indifferenti (la previsione è di 1,1 milioni l’anno, ndr). Risorse che, eventualmente, potranno essere utilizzate per migliorare le dotazioni di mezzi di trasporto e di apparecchiature tecnologiche. Sono questioni, comunque, che si affronteranno in un secondo momento, con i decreti attuativi».
Cosa fanno attualmente le nostre quattro centrali?
«Ricevono le chiamate di soccorso tramite il numero unico 118; identificano la gravità dell’emergenza segnalata; inviano l’equipaggio sanitario più appropriato e coordinano tutte le forze attivate; allertano le strutture ospedaliere che dovranno ricevere il paziente; se necessario, infine, attivano le forze dell’ordine o i vigili del fuoco».
Se il centro di riferimento sarà unico, ci sarà bisogno di meno personale medico e infermieristico...
«Sì, giusto. Ma non dimentichiamo che in regione ci sono zone che sono in parte scoperte. Mi riferisco, in particolare, alle aree montane e collinari. Dunque, il personale “risparmiato”, secondo me, potrebbe essere destinato a potenziare le postazioni carenti».
Insomma, si sta andando nella giusta direzione?
«Secondo me sì, senza alcun dubbio. Sarà necessario solamente un periodo di assestamento, com’è naturale che sia. Alla fine gli infermieri chiamati ad accogliere le richieste di soccorso avranno tutti la stessa formazione ed esperienza e opereranno seguendo lo stesso protocollo (ora non è così). Idem per il personale sanitario.
E anche i medici opereranno seguendo le stesse linee guida e si vedranno richiedere gli stessi requisiti formativi. Infine, la distribuzione delle ambulanze sul territorio sarà determinata secondo una strategia globale di interesse regionale».
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