Caso Corazzin, «Izzo non s’inventa nulla»

SAN VITO. Caso Rossella Corazzin: se i riscontri concreti sulla sua sorte, così come tratteggiata dall’assassino del Circeo Angelo Izzo, ancora latitano, non sembrano mancare le piste tracciate dalle sue dichiarazioni, ma anche su indizi raccolti dopo la scomparsa della 17enne sanvitese, avvenuta il 21 agosto 1975 a Tai di Cadore. Ed è su queste basi che si chiedono nuove indagini.
A “Chi l’ha visto?” sono intervenuti Mara Corazzin, cugina di Rossella, e l’avvocato che assiste i familiari, Antonio La Scala, presidente dell’associazione Penelope. Rossella, secondo Izzo, fu rapita, stuprata in una sorta di rito “massonico-fascista” e presumibilmente uccisa. Quanto ha detto è risultato sovrapponibile a vecchie notizie divulgate dalla trasmissione: si è inventato tutto? Per l’ex procuratore di Belluno, Francesco Saverio Pavone, che ascoltò Izzo, non è detto: «In quel momento mi è sembrato attendibile. A fronte di un delitto così efferato, valgono tutte le indagini possibili e immaginabili, dopodiché, se si riterranno sufficienti gli elementi raccolti, si andrà a giudizio, altrimenti pazienza. I tentativi di scoprire la verità non vanno abbandonati».
Il “Gianni” evocato con la sorella “Giuliana” in una lettera di Rossella non sembra essere Gianni Guido, tirato in ballo da Izzo, che aveva una casa a Cortina e che una testimone ha indicato si trovasse in quei luoghi. La trasmissione ha rintracciato un altro Gianni e la sorella: potrebbero avere incontrato Rossella a Tai, ma non ricordano. E quest’ultima avrebbe nominato un certo “Gianni” anche due anni prima. Il dubbio: Izzo ha inventato sulla base di nomi già emersi?
Ci sono anche altre piste. Izzo ha indicato una villa sul Trasimeno quale luogo delle violenze su Rossella, dicendo che era di Francesco Narducci, il cui fratello ha negato il coinvolgimento del congiunto nella vicenda. L’ex procuratore Pavone mostrò a Izzo foto di alcune ville della zona: «Riconobbe la parte antistante a una di esse e il luogo, indicando anche uno spiazzo dove c’era un parcheggio». Una casa nascosta dalla vegetazione, dove al campanello non ha risposto nessuno: perché non approfondire? Nessun intervento sulla vicenda, per ora, tra quanti sono ancora vivi tra gli 11 uomini chiamati in causa da Izzo. Resta uno spunto anche la testimonianza dell’epoca di una negoziante di Tai, che il 21 agosto 1975, alle 17, vide una ragazza, mezza addormentata, tra due ragazzi su un fuoristrada verde targato Venezia.
All’epoca, la scomparsa di Rossella fu trattata come un allontanamento volontario. Izzo ha fornito molti dettagli e ora a disposizione ci sono nuove tecniche investigative. La Scala, seppur si sia detto a più riprese poco ottimista sull’apertura di un fascicolo da parte della procura di Perugia, insisterà in tal senso per i fatti sul Trasimeno. Intanto, ha chiesto tutti gli atti. «Le sue dichiarazioni mi hanno portata a pensare che non siano inventate – così Mara Corazzin – e comunque c’è l’obbligo di verificare ogni dettaglio».(a.s.)
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