Capuozzo nuovo direttore di “Alpin jo, mame”

Non ha svolto il servizio militare nel corpo degli alpini e questo, confessa, gli ha sempre causato un certo senso di colpa. Dopo il Car a Pesaro, tra le riserve dei paracadutisti, è finito in Sicilia a fare l’autista. Ma lui, Toni Capuozzo, si sente ugualmente parte della grande famiglia delle penne nere, di cui ha la tessera come “amico” del Gruppo di Tarvisio. E ora il giornalista friulano è il nuovo direttore della rivista “Alpin jo, mame” (il primo editoriale lo ha firmato nel numero di novembre).
«Gli alpini, soprattutto in una regione come il Fvg, sono sempre stati una parte del nostro paesaggio umano. Per me è un onore – racconta Capuozzo – diventare il direttore responsabile del giornale. Gli alpini sono cittadini esemplari, hanno un fortissimo senso della comunità. Se capita di fare assieme una bevuta, la fanno (poi puliscono sempre tutto). Ma quando c’e la necessità, sono pronti a rimboccarsi le maniche con i fatti».
Secondo Capuozzo, al quale l’Ana nel 2005 aveva assegnato ad Asiago il premio nazionale “Giornalista dell’anno”, bisognerebbe prendere ad esempio il pragmatismo degli alpini. «Sanno lavorare insieme, indipendentemente dal loro grado di istruzione o dalle loro idee politiche. Hanno pochi valori, ma molto forti: rispetto della bandiera, rispetto degli altri e senso del dovere. Valori che danno un senso di appartenenza alla comunità. Se si prendesse esempio dal loro buon senso – commenta il giornalista originario di Palmanova – si vivrebbe in una società più sana».
Poche parole, tanti fatti. D’altra parte è la stessa tessera di amico degli alpini a sottolinearlo. «Non ti dà diritto a nessun privilegio – chiarisce Capuozzo – e ti riempie di divieti: non si può portare il cappello da alpino e nemmeno sfilare. Ma, allo stesso tempo, ti invita a comportarti come un alpino. Quindi hai l’obbligo di agire sempre al meglio ed essere un degno rappresentante, tocca meritarsi il ruolo».
Parlare della rivista delle penne nere porta inevitabilmente a soffermarsi sul loro futuro, dal momento che non c’è il ricambio generazionale di un tempo. «Il giornale racconta di una realtà ancora molto attiva, ma in futuro non sarà così. Sono dell’idea – indica – che debba essere organizzato un servizio civile obbligatorio, senza quindi un addestramento militare, ma con gli elementi distintivi dell’alpino, magari in seno alla protezione civile». Inutile preparare i giovani a eventuali conflitti, compito per professionisti, non lo è invece aiutarli ad affrontare la vita, a formarli come cittadini. «Un periodo lontano da casa – conclude Capuozzo – farebbe bene alle nuove generazioni, aiuterebbe i ragazzi a crescere».
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