Cappello: vanno differenziate anche le tracce di italiano

«È assurdo che le tracce per la prova di italiano siano le stesse per licei ed istituti tecnici e professionali»: difficilmente gli elaborati di questi ultimi potranno “competere” con quelli...

UDINE. «È assurdo che le tracce per la prova di italiano siano le stesse per licei ed istituti tecnici e professionali»: difficilmente gli elaborati di questi ultimi potranno “competere” con quelli realizzati dagli alunni dei licei, che, su diversi temi, hanno una diversa preparazione.

È Pierluigi Cappello a rilevare una certa “miopia” nella somministrazione delle prove d’italiano durante gli esami di maturità. Il poeta friulano, nel commentare le tracce scelte dal ministero dell’Istruzione, ritiene che sia opportuno tenere maggiormente conto del livello di preparazione dei destinatari, o queste prove, così come strutturate, non hanno molto senso.

«La prova d’italiano varrebbe ancora se le tracce fossero decise con maggior criterio – osserva il poeta di Chiusaforte –: è chiaro che si richiede una conoscenza minima della lingua italiana e della storia, ma non bisogna scoraggiare questi ragazzi proponendo testi troppo complicati e mettendoli in difficoltà. Peraltro, poi, anche le valutazioni, da scuola a scuola, cambiano, mentre il sistema dovrebbe funzionare con rigore e nelle stesse modalità».

Cappello, che se si fosse trovato sui banchi al posto dei ragazzi, mercoledì, avrebbe scelto senza dubbio la traccia di Eco, valuta il tema sul valore del paesaggio sicuramente una traccia “salvavita”, come anche quella sul suffragio universale, un buon argomento, che comunque richiede competenze specifiche. «Per svolgere questo tema bisogna conoscere bene la storia del Paese – spiega –: il disastro della dittatura e la drammatica condotta alla Repubblica sono passaggi imprescindibili per arrivare a parlare del voto delle donne del 1946».

È un ricordo che nasconde un velo di malinconia, invece, quello del poeta – diplomatosi alle magistrali di Tolmezzo nel 1990 – in merito alla sua prova: «Fu più che altro una prova di tenuta fisica; in me quel periodo, per motivi di salute, non mi muovevo dal letto e sostenni l’esame letteralmente in barella. Ricordo, di quell’anno, uno studio in solitudine e di non aver mai potuto gustarmi fino in fondo gli ambienti della scuola e della classe». (g.z.)

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