Camorra, nel maxisequestro ai Casamonica c’è anche la Serrmac di Budoia

L’azienda del Pordenonese è nota per la costruzione di trapani a colonna e maschiatrici. E’ entrata nella holding mafiosa dopo il fallimento. Sequestrati beni per 25 milioni in tutta Italia

PORDENONE. C’è anche la Serrmac Sas di Budoia, azienda nota per la costruzione di trapani a colonna e maschiatrici, acquisita a seguito di fallimento nel maxisequesto per la holding di camorra, ’ngrangheta e famiglia Casamonica.

I tentacoli delle organizzazioni mafiose sono arrivati fino a Nord Est, operando sui “mercati” del fallimenti, per poter riciclare montagne di denaro.

L’azienda di Pordenone è uno dei tanti beni sequestrati.

L’elenco è lungo: i bar «Pio Er Caffè» e «L’Angolo, d’Oro», la trattoria «Hostaria Sora Franca», locali a due passi dal Vaticano, 10 immobili, 43 tra società o imprese individuali, 45 tra aziende commerciali e cooperative, 30 veicoli.

Ecco la mappa dei beni confiscati realizzata da Confiscati Bene (dati dell'Agenzia nazionale dei beni sequestrati e confiscati)

È il patrimonio per un valore complessivo di 25 milioni di euro sequestrato su disposizione del Tribunale di Roma, sezione misure di prevenzione, a un nuovo gruppo criminale trasversale formato da esponenti della ’ndrangheta, della camorra e della famiglia sinti dei Casamonica.

Il provvedimento è stato emesso, in base alla normativa antimafia, nei confronti di Francesco Filippone, 35enne, Francesco Calvi, 57 anni e Michele Mercuri, 48, originari di Melicucco (Reggio Calabria), Alessandro Bottiglieri, 45 anni, Rocco Camillò, di Polistena (Rc) classe ’78, Marcello Giovinazzo, 46, di Taurianova (Rc), Salvatore Casamonica, 27, nato a Frascati, Roberto Giuseppe Cicivelli, 47 anni di Marino (in provincia di Roma) ed Emanuele Lucci, romano di 46 anni.

Tutti gli indagati - ricostruiscono gli investigatori della Divisione Polizia Anticrimine che hanno eseguito le misure assieme alla Squadra Mobile e a 28 commissariati - hanno un «elevato spessore criminale» e compaiono «a più riprese» singolarmente in alcune attività investigative svolte da diversi organi inquirenti (procura di Palmi, Procura Dda di Reggio Calabria, Dda di Milano e Dda di Roma) a partire dagli anni ’90 e fino al 2014, «per delitti di particolare gravità, commessi anche in forma associativa, quali traffico e spaccio di stupefacente del tipo cocaina, proveniente dalla Calabria e destinata al mercato romano».

Il quadro emerso, invece, dall’indagine che ha portato al sequestro «è quello di una vera e propria joint-venture criminale, eletta a sistematica fonte di profitto», attorno alla quale ruotano, oltre al traffico di stupefacenti, altre attività illecite, come usura, estorsioni, riciclaggio, falso, messe in atto anche in modo autonomo da ognuno.

Nel provvedimento si sottolinea che ci sono a carico degli indagati «concreti ed obiettivi elementi, fondati su circostanze di fatto, per affermare la risalente e perdurante pericolosità sociale di tutti».

Una pericolosità «qualificata» perchè, «anche quando non siano direttamente appartenenti ad associazioni di stampo ?ndranghetista, sono tuttavia pronti ad agevolare tali associazioni e inoltre attuano attività di riciclaggio».

Il sistema criminale coinvolge anche «tutte le società riconducibili agli indagati che sono dei “contenitori” per la gestione di capitali provenienti da attività delittuose le cui prerogative sono anche quelle di costituire uno schermo atto a neutralizzare eventuali azioni giudiziarie ablative, di massimizzare, se possibile, ulteriormente i profitti ed offrire un volto presentabile di “colletti bianchi” capaci di contrattare con l’imprenditoria, ma anche con la pubblica amministrazione.

L’indagine patrimoniale ha permesso di ricostruire, quindi, “la storia criminale, i molteplici legami e gli affari illeciti” degli indagati, i quali fanno parte di un gruppo trasversale formato da esponenti della ’ndrangheta, della camorra e della famiglia sinti dei Casamonica, “che si accordano formando di fatto una società d?interessi illeciti, finalizzata a riciclare nella città di Roma i rispettivi profitti”.

Tra i beni sequestrati anche svariati rapporti bancari e postali individuati finora presso 68 istituti e, oltre ai locali vicini al Vaticano - intestati formalmente a terzi tra cui due cittadini cinesi - una trattoria a Trastevere, intestata a due donne, una romena e un’ucraina, ma riconducibile a Mercuri; una palestra e un’impresa di vendita di calzature a Ciampino, riconducibile alla famiglia Casamonica.

E ancora, una cooperativa di facchinaggio ad Arienzo (Ce) e una cooperativa Onlus a S. Nicola La Strada (Ce), la Serrmac Sas - come detto -, con sede a Budoia e un’azienda di somministrazione di cibi e bevande con sede a Parma.

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