Calligaris torna a casa, ma l’orizzonte è il mondo

Centoventi milioni di fatturato nel 2014, una quota di export che ormai ha di gran lunga superato la metà del giro d’affari, 580 punti vendita di cui 70 monomarca, 6 mila clienti e oltre 600 dipendenti a libro paga di cui 400 in Friuli (tra Manzano e San Giovanni al Natisone) il resto tra i Paesi della ex Jugoslavia e i principali mercati del mondo, su tutti gli Usa, il Giappone, l’ex Unione Sovietica. E’ l’identikit di Calligaris spa, una delle maggiori realtà industriali del triangolo della sedia.
Il 2014 per la famiglia che dà nome all’azienda è stato un anno speciale: dopo avere ceduto al fondo di private equity L Capital un pacchetto pari al 40 per cento (correva l’anno 2007), la famiglia ha riguadagnato il controllo del 100 per cento delle quote.
«Uscendo il fondo – spiega il presidente Alessandro Calligaris - ho ritenuto opportuno che la Spa continuasse ad essere gestita dalla famiglia. Credo molto nella mia azienda, creata nel 1923 da mio nonno, è un bene per la famiglia, ma anche sociale, per il territorio. Credo possa ancora crescere in funzione dei piani che stiamo mettendo a punto».
Parla al futuro Calligaris ma in realtà almeno un’operazione strategica è già andata a segno i primi giorni dell’anno quando la spa ha acquisito Calligaris officine meccaniche a San Stino di Livenza. «Una realtà – spiega l’ad del gruppo Giorgio Gobbi - che integra una filiera produttiva strategica (tavoli estensibili e sedie in metallo) e si affianca a quella del legno».
Sempre nel 2015 è prevista l’apertura di due nuovi shop gestiti direttamente dalla società. Due di questi a Londra (a Tottenham Court e Chiswick), uno a Berlino est. «Così irrobustiranno l’attuale rete distributiva – continua l’Ad – composta da 70 negozi monomarca (tre dei quali di proprietà) e oltre 500 shop nel mondo».
L’importante presenza dell’azienda all’estero con la sua gamma di prodotti, che vanno da tavoli e sedie fino all’illuminazione (ultima inserita in catalogo) ha naturalmente pagato in termini di export. Il 65,2 per cento del fatturato 2014 (contro il 54,7 per cento del 2009) è stato infatti generato fuori dai confini nazionali e ha permesso all’azienda di limitare le perdite.
L’anno passato il fatturato si è assestato a 120 milioni, leggermente ridotto rispetto all’anno precedente, di più se si guarda a due anni or sono causa la contrazione del mercato interno e la crisi di quello europeo: «Agli Stati dell’area mediterranea, che da oltre 6 anni sono in calo – spiega Giorgio Gobbi -, si aggiungono mercati come Francia e Inghilterra che hanno evidenziato più recentemente segni di debolezza. Senza contare la Russia che, per via del rublo svalutato, ha bloccato le importazioni. Diverso il discorso per il Nord America, l’Asia, il Medio Oriente, che danno segnali largamente positivi».
Il mondo del mobile con il mercato interno non sopravvive più a fronte della pressione internazionale. «L’Italia sta attraversando una stagione di grande crisi dei consumi e se non ci sono sbocchi all’estero le aziende entrano in grande difficoltà», conferma Calligaris che oltre confine guarda ormai da anni.
«Abbiamo internazionalizzato – ricorda il presidente -, creato strutture con persone locali, non più semplici colletti bianchi ma dipendenti con formazione volta al retail, che sappiano seguire a 360 gradi vita e identità dei negozi, dalle vetrine alla rotazione periodica dei prodotti». Così, a suon di nuove aperture, nuove linee e radicamento all’estero, Calligaris è riuscito a far fronte alla crisi.
Il futuro del triangolo della sedia? Da capitano d’impresa ed ex presidente di Confindustria Fvg ha la sua ricetta. La snocciola in tre punti: alta qualità del prodotto, innovazione e internazionalizzazione.
«Per le realtà che si dedicano a un target basso non c’è più partita, abbiamo competitor in giro per il mondo che non ci permettono più di farlo. Dobbiamo per forza dedicarci a un prodotto di grande qualità – conclude - distribuito a livello mondiale».
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