Bufera giudiziaria su una coop L’azienda sanitaria parte lesa
L’Azienda per i servizi sanitari 5 si costituirà parte civile nel procedimento davanti al Tribunale di Perugia nei confronti del presidente e del vicepresidente della cooperativa “Piccolo Carro”, con sede in Umbria. L’Aas 5 è stata individuata come parte offesa dei reati.
La coop è nata ad Assisi nel 1996. Obiettivo «realizzare – si legge nella presentazione – una realtà capace di soccorrere, assistere, curare e prevenire le devianze e le sofferenze minorili». Con sede a Bastia Umbra, gestisce strutture ne comuni di Perugia, Assisi e Bettona e si occupa di minori.
Secondo chi indaga la cooperativa possedeva solo i titoli formali per prestazioni di attività di tipo socio assistenziale e non per attività terapeutico sanitarie che invece, secondo l’accusa, venivano svolte. Dalle indagini della Guardia di Finanza di Assisi è emerso che il collocamento con problematiche di tipo sanitario nelle strutture della cooperativa sociale era stato chiesto da diverse aziende sanitarie italiane, tra cui quella di Pordenone.
L’udienza preliminare a Perugia si terrà il 31 gennaio. Cristina Aristei e Pietro Salerno, presidente e vicepresidente della cooperativa, dovranno difendersi dalle accuse di truffa aggravata ai danni dello Stato, gestione di strutture residenziali ospitanti minori con problematiche sanitarie senza le prescritte autorizzazioni e trattamento di dati sanitari personali dei minori in violazione della legge sulla privacy.
Secondo la Procura di Perugia nelle varie sedi della cooperativa da anni venivano erogate, con continuità ai minori ospiti prestazioni di tipo sanitario con autonome decisioni in ordine alla prosecuzione, alla modifica o alla interruzione delle terapie stesse. Senza supervisione, vigilanza o controllo da parte del servizio sanitario pubblico. Per ciascun minore la cooperativa percepiva 400 euro al giorno.
Le strutture di tutta Italia si basavano, scrive il giudice, sulle informazioni che la stessa cooperativa inviava indicando requisiti che di fatto non possedeva, commettendo i reati di truffa aggravata e frode nelle pubbliche forniture secondo la Procura. E, sempre secondo l’accusa, gli indagati avrebbero anche attestato falsamente di non avere ricevuto in collocamento soggetti con problematiche sanitarie tutte le volte fosse loro avanzata richiesta di chiarimento dagli organi di controllo dei comuni. Per tutti i rimborsi avuti dalle aziende sanitarie di provenienza, il gip nei mesi scorsi aveva ordinato il sequestro di 6 milioni e 297mila euro. La difesa degli indagati aveva fatto ricorso prima al Riesame di Perugia che aveva confermato il provvedimento. La Cassazione ha poi disposto il dissequestro della somma e annullato l’ordinanza del tribunale della libertà che adesso dovrà fissare una nuova udienza e recepire le indicazioni della Cassazione.
Anche da Pordenone erano stati inviati minori alla cooperativa, negli anni scorsi. Per questo motivo la Aas 5 è considerata persona offesa dai reati e si costituirà parte civile «per il ristoro dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti in conseguenza dei reati contestati agli imputati». Difensore è stata nominata l’avvocato Vittorina Colò, direttore della struttura affari legale a assicurazione. —
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