Bolle: la danza è dura non dà spazio ai furbi

TRIESTE Si divide tra Milano, dove è étoile del Teatro alla Scala e alla cui scuola omonima si è formato, e New York che ritiene ormai la sua “seconda dimora” da quando, nel 2009, ha ottenuto la nomina di Principal Dancer dell’American Ballet, un doppio riconoscimento che sino ad oggi nessun artista italiano aveva ricevuto. Ma Roberto Bolle, star mediatica, ambasciatore di valori umanitari, idolo dei ballettomani e soprattutto eccellente danzatore è pronto a stupirci nuovamente toccando il cuore del pubblico grazie a una nuova formula del gala “Bolle and friends” che riunisce le sue due anime artistiche:
«Sono ormai scisso tra queste due Compagnie così importanti - spiega l’artista nato a Casale Monferrato - e mi piaceva, per una volta, esibirmi nel mio Paese, da cui l’Abt manca ormai da molti anni. È un progetto ambizioso che accarezzavo da tempo».
Così è un successo annunciato lo spettacolo che debutta al Politeama Rossetti di Trieste il 19 luglio con le star dell’ABT a coadiuvare il nostro in celebri brani di repertorio e coreografie d’appeal contemporaneo firmate Wheeldon, Van Cauwenbergh, Morrissey, Ratmansky, Neumeier e Volpini. Certo, sia nei panni del principe che in quelli del gobbo Quasimodo Bolle raccoglie ovazioni ovunque specie da quando ha consolidato una certa maturità scenica al servizio della sua tecnica cristallina al punto da ispirare due grandi registi del calibro di Peter Greenway - per il quale interpreta a Shangai la sua installazione “Italy of cities” - e di Bob Wilson che gli dedica, “Perchance to Dream”, imponente installazione multimediale inaugurata a New York.
Roberto chi sono i nuovi friends americani?
Sono tutti Principal e Solisti dell’Abt, artisti eccezionali provenienti da tutto il mondo che ogni anno animano la stagione di uno dei fulcri più importanti della danza internazionale. Da Julie Kent, mia partner americana abituale, a Daniil Simkin, giovanissimo Principal dell’Abt che si è imposto per la sua tecnica eccezionale, fino a Marcelo Gomes, ballerino brasiliano, Principal dal 2002 e famoso in tutto il mondo.
Bolle and friends è anche un modo per stare insieme - appunto - ai propri amici?
Sono amici nella danza, persone con cui condivido una grande passione, un duro lavoro, un mondo che è fatto di dedizione e costanza. Normale che si creino dei legami forti e anche profondi.
Quali sono le novità del programma che presenterà?
Il programma è un estratto del vastissimo repertorio americano che mescola brani iconici di importanti coreografi come Balanchine a pezzi di coreografi giovani, come Alexei Ratmansky (attuale coreografo residente dell’Abt), conteso dai più importanti teatri del mondo. Sono sicuro che sarà un programma in grado di entusiasmare appassionati e non della danza.
Eleganza e tecnica non bastano: cosa serve oggi per restare sulla breccia?
Di certo quello che distingue una étoile da un bravo ballerino é il carisma, la capacità di stare in scena e di avere una 'luce' particolare, che sa coinvolgere e conquistare il pubblico.
Atleta, ambasciatore Unicef, una star vicina ai giovani e al loro mondo: lei è l’icona del ballerino “moderno”.
Grazie! Ho sempre lottato perché la danza uscisse da un certo castello incantato, la famosa “nicchia”, in cui spesso viene relegata. La danza classica, pur rimanendo ai massimi livelli, può incontrare il mondo reale: riscaldare le piazze, entusiasmare i giovani, parlare a tutti. Per fare questo non mi sono mai tirato indietro neanche nell’utilizzo dei media e dei social network. Sono orgoglioso di rappresentare un modello positivo per i giovani. Io credo che la danza se insegue un ideale di bellezza attraverso il sacrificio e la dedizione, il duro lavoro e la costanza, possa fornire un esempio importante per i giovani contro i falsi miti delle scorciatoie, del “furbismo” e del non rispetto di se stessi.
Il gala porta avvicina la danza a un pubblico più ampio?
Il Gala è una formula che funziona perché appassiona giovani e non, esperti e neofiti. Dà la possibilità di rivedere i passi dei grandi classici, ma anche di scoprire nuovi coreografi, nuovi modi di fare danza classica. Io stesso mi diverto molto a mischiare queste due anime scegliendo brani di grandi coreografi del Novecento e contemporanei.
La danza costringe a molte rinunce…
Una vita “avvitata” alla danza è una vita di grandi sacrifici. Il tempo libero è limitatissimo e questo non può non avere conseguenze sulla vita privata, con poco tempo per gli affetti, la famiglia, gli amici. È tutto un turbinio di coreografie, teatri, voli, servizi fotografici. Ma è una vita intensissima, che non rinnego, che mi sta dando più di quanto avrei mai potuto sognare. Quel poco di tempo libero che mi rimane cerco di sfruttarlo al massimo, stando con le persone che amo.
Quanto conta in momenti di crisi generale come questo esportare un’immagine positiva dell’Italia nel mondo e mantenere alto il nome della nostra cultura?
È fondamentale. L’Italia non sfrutta le sue potenzialità di culla della cultura e dell’arte. Anzi. L’abbandono, il degrado l’incuria e la cattiva gestione ci stanno facendo rotolare in un baratro da cui è sempre più difficile uscire. Di fronte al precariato artistico, a teatri in passivo, a finanziamenti decurtati, a compagnie che chiudono... nonostante tutto all’estero la percezione dell’arte italiana è ancora alta, l’eccellenza viene ancora riconosciuta. Ma lo stato delle cose sta incidendo pesantemente sulla qualità della preparazione dei giovani e, con la chiusura delle Compagnie, si sta perdendo sempre più la molteplicità della nostra realtà artistica. Il sistema sta implodendo e la qualità che esportiamo è destinata a diventare sempre più esigua sia come livello che come quantità.
Una strada per combattere la crisi?
Bisogna tornare a investire. Se lo Stato non può farlo come lo ha fatto in passato, lo devono fare i privati. Ma per questo bisogna creare le condizioni necessarie: defiscalizzazioni, detrazioni, incentivi, riconoscimenti. Paesi come la Gran Bretagna o gli Stati Uniti possono indicare la strada, anche se io sono dell'idea che il supporto e il sostegno dello Stato non deve comunque venir meno, soprattutto in un Paese con una tale ricchezza culturale e artistica come il nostro.
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