Bancarotta e truffa, rinviato a giudizio

Christian Casagrande (in cella per estorsione) accusato di aver creato un “buco” di 2,5 milioni
Di Bruno Oliveti

SACILE. Nuovi guai giudiziari per Christian Casagrande, 38 anni, di Sacile, in carcere da due settimane per estorsione aggravata. L'uomo, difeso d'ufficio dall'avvocato Emanuele Centazzo del foro di Pordenone, ieri è stato rinviato a giudizio dal gup Roberta Bolzoni per bancarotta fraudolenta e truffa, reati di cui dovrà rispondere il prossimo 4 febbraio di fronte al tribunale in composizione collegiale.

Casagrande è implicato, secondo l'accusa sostenuta dal pm Federico Facchin (ieri sostituito in udienza dal collega Pier Umberto Vallerin) nel crac della Vini Le Vigne srl, azienda di commercio vini con sede a Topaligo, dichiarata fallita nel 2009. L'uomo, in qualità di amministratore, avrebbe occultato libri contabili e distratto beni aziendali, nonché fatto ricorso abusivo al credito con la Banca Antonveneta, per un buco di circa 2,5 milioni di euro. L'accusa di truffa riguarderebbe invece l'acquisto di grandi quantità di vini da alcuni fornitori, che sarebbero stati pagati con assegni scoperti e finiti in protesto. La curatela fallimentare della Viti Le Vigne srl, rappresentata dall'avvocato Alessandro De Paoli, si è costituita parte civile.

Casagrande, come detto, si trova detenuto da due settimane, precisamente dal 26 novembre scorso, dopo essere stato arrestato con altri quattro (un albanese e tre italiani) dai carabinieri in flagranza di reato. La banda, secondo l'accusa, costringeva il titolare di un night club, anche con minacce di morte e di danni al locale, ad accettare pagamenti con carte di credito clonate. L'indagine del Nucleo investigativo Reparto operativo, al comando del capitano Mauro Maronese, è coordinata dai pubblici ministeri Maria Grazia Zaina e Pier Umberto Vallerin. Era cominciata alcuni mesi fa con il monitoraggio dei locali notturni nel Friuli occidentale. Sarebbe stato l'albanese ad avere in disponibilità una ventina di carte di credito. Con le quali, poi, avvenivano i pagamenti, che finivano sugli estratti conto dei titolari, ignari. I cinque avrebbero frequentato assiduamente, per due mesi, un locale notturno di Pordenone. Con le carte pagavano le consumazioni, minacciando il titolare nel caso non avesse più accettato questo tipo di pagamento. Il legale che segue Casagrande in questo procedimento, l'avvocato Luca Malacart, ha presentato ricorso al tribunale del Riesabile per ottenere la revoca o l'attenuazione della misura cautelare e a giorni attende il responso da Trieste.

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