Banca popolare di Vicenza: Udine indaga quattro direttori

UDINE. Li abbindolavano con la prospettiva di guadagni facili, sicuri e veloci. E intanto li legavano a doppio filo con la banca e con la caduta verticale del valore delle sue azioni che, da lì a qualche mese, ne avrebbe pressocché azzerato i capitali investiti.
Questo aveva ipotizzato la Procura di Udine fin dall’avvio dell’inchiesta giudiziaria partita alla fine del 2015 sulla scorta delle prime denunce sporte da clienti della Banca popolare di Vicenza, e di questo sono stati chiamati a rispondere nei giorni scorsi i dirigenti delle filiali in cui la truffa sarebbe stata consumata.
Quattro, al momento, le persone iscritte sul registro degli indagati: Roberto Zorzi e Giacomo D’Ambrogio, nelle rispettive vesti di direttore e vice direttore degli uffici di via Cavour, a Udine, Venicio Stocco, quale direttore di quelli di Sacile, e Alberto Cudiz, in quanto direttore regionale Fvg (con sede sempre in via Cavour).
Il pm: chi comandava?
Le notifiche sono dunque arrivate. E, par di capire, si tratta soltanto della prima tranche di un elenco di nominativi destinato ad allungarsi a mano a mano che i finanzieri della sezione di Polizia giudiziaria al lavoro sui singoli casi (un centinaio in tutto) descritti nelle querele - che, da ottobre a oggi, hanno continuato a ingrossare il fascicolo - completeranno gli accertamenti.
Nulla esclude, dunque, che vicende analoghe denunciate da clienti di altre filiali finiscano per coinvolgerne i rispettivi responsabili. Senza contare, poi, gli sviluppi che i recenti interrogatori potrebbero avere suggerito già agli inquirenti.
Scenari tutt’altro che lunari, a sentire il procuratore capo, Antonio De Nicolo. «Bisogna ricostruire la catena di comando», ha affermato ieri, commentando l’esito del confronto con i dirigenti. Perchè ciò che a questo punto preme capire è da dove sia partita la decisione di proporre le operazioni rivelatesi poi fallimentari.
Finanziamenti tranello
Nel capo d’imputazione formulato dal pm Elisa Calligaris nei confronti dei primi quattro indagati, il reato ipotizzato è il concorso in truffa ai danni di risparmiatori che - questo è ciò che era stato detto loro - erano considerati parte della clientela affezionata.
E che, quindi, avevano avuto la “fortuna” di beneficiare di una proposta riservata a pochi. Una sorta di “premio” fedeltà, insomma. Zorzi, D’Ambrogio e Cudiz sono stati tirati in ballo da un cliente che, in virtù delle garanzie ricevute, aveva acquistato la bellezza di 3.200 azioni, per un valore complessivo di 200 mila euro. Era il gennaio del 2014.
L’allettante proposta consisteva proprio in questo: la sottoscrizione di azioni della BpVi «a costo zero, senza rischi e di durata limitata». E questo per il semplice motivo che la banca stessa si impegnava a riacquistarle nel giro di pochi mesi.
Ed era sempre la popolare di Vicenza, qualora il cliente non disponesse della liquidità necessaria per completare l’operazione, a garantirgli un finanziamento di pari importo «senza costi, con rimborso spese e addirittura con una remunerazione intorno all’1 per cento».
La conclusione è arcinota, fotocopia di tante storie simili dentro e fuori regione: la drastica svalutazione delle azioni, diventate all’improvviso «invendibili e illiquide», e la conseguente perdita dei soldi investiti.
Di poco inferiore il danno lamentato da un altro risparmiatore, con cui il solo Zorzi aveva avuto contatti in quello stesso gennaio del 2014 e che, accettando a sua volta la proposta, aveva acquistato 2 mila azioni, per un valore complessivo di 125 mila euro. In entrambi i casi, la domanda di fido era stata accolta dal direttore regionale Cudiz.
Una mano all’istituto
Nella filiale di Sacile, il malcapitato cliente, suo malgrado nel novero degli “affezionati”, era stato invitato da Stocco a sottoscrivere un investimento di durata annuale e priva di rischi, perchè in tal modo «avrebbe sostanzialmente fatto un favore alla banca, detenendo le azioni in deposito per conto dell’istituto di credito».
Confidando nel rapporto di fiducia costruito nel tempo con la popolare di Vicenza, il risparmiatore aveva quindi accettato di sottoscrivere i moduli di acquisto e richiesta fido, «senza nemmeno prendere cognizione delle modalità e dell’entità dell’operazione».
Era il febbraio del 2014 e la richiesta di concessione del fido per 300 mila euro fu accolta ancora una volta da Cudiz. In marzo seguirono l’acquisto di 4.800 azioni e, di lì a qualche giorno, la loro vendita al prezzo di 62,50 euro l’una da parte della banca. Come noto, nel volgere di pochi mesi le azioni sarebbero diventate poco più che carta straccia.
La difesa: prendeva ordini
Invitato in Procura dal luogotenente Sergio Zucca, delegato dalla pm a condurre le indagini, il direttore regionale si è presentato insieme al proprio difensore di fiducia, avvocato Luca Ponti.
«Ha obbedito agli ordini impartiti dalla direzione generale, che sta al vertice dell’organigramma piramidale della BpVi – ha detto il legale –. E dalle informazioni che la stessa gli dava, non aveva alcun elemento in grado di fargli supporre che quelle operazioni fossero a pregiudizio dei clienti».
Sui contenuti dell’interrogatorio a loro volta reso, gli altri indagati e la loro difesa hanno preferito non rilasciare alcuna dichiarazione.
Le altre ipotesi
Sull’inchiesta pende l’incognita della competenza territoriale. Il rischio è che il fascicolo venga a un certo punto trasmesso alla Procura di Vicenza, che indaga per aggiotaggio e ostacolo alla vigilanza, per competenza territoriale sulla principale ipotesi di reato.
Quanto alle imputazioni, in almeno un paio di altri casi il pm ha ipotizzato anche l’estorsione e, al momento, non è esclusa neppure la pista del falso in bilancio.
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