Arresto cardiaco, studio su 2 mila pazienti

L’arresto cardiaco extra-ospedaliero è un evento che conta ogni anno un caso ogni 1000 abitanti e presenta un elevata mortalità.
Nei pazienti rianimati con iniziale successo e ricoverati nelle Terapie Intensive, la sopravvivenza risulta tuttora bassa e compresa tra il 5 ed il 33%. La prima causa del decesso è il danno cerebrale secondario ad ischemia prolungata. Già dal 2008 presso l’Azienda ospedaliero-universitaria, le Strutture operative di Cardiologia, del 118 e le Terapie Intensive, hanno attivato un percorso diagnostico-terapeutico innovativo e i risultati ottenuti sono stati di recente pubblicati su due importanti riviste internazionali quali l’American Journal of Cardiology e Resuscitation.
L’indagine è stata effettuata a cura della Cardiologia, diretta da Alessandro Proclemer (nella foto) dai medici Guglielmo Bernardi, Davide Zanuttini, Ilaria Armellini, Leonardo Spedicato, Teodoro Bisceglia.
Tale strategia terapeutica ha portato a una sopravvivenza ospedaliera del 54%.
Dal 2010 al 2012, sempre la Cardiologia dell’Azienda Ospedaliero Universitaria di Udine ha avuto un ruolo molto importante partecipando a uno studio multicentrico internazionale riguardante la terapia con defibrillatore, che ha coinvolto quasi 2000 pazienti nell’ambito del quale ha contribuito in modo sostanziale sia all’organizzazione che all’arruolamento dei pazienti che sono stati seguiti dal punto di vista clinico - strumentale per 12 mesi. Lo studio Advance III, seguito dai medici Domenico Facchin e Luca Rebellato, è uno di quelli con la casistica più numerosa ed è stato pubblicato lo scorso 8 maggio su una delle più importanti riviste mediche mondiali.
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