Arredi sacri a rotelle, piovono altre critiche

Non sono mancate le reazioni all’inchiesta del Messaggero Veneto sulla chiesa condivisa fra più religioni alla Santissima e gli arredi sacri a rotelle.
L’architetto Davide Raffin di Pordenone, vincitore del premio nazionale Cei 2007, ha reso noto che «le principali difficoltà per un uomo contemporaneo nel progettare o adeguare una chiesa antica all’azione liturgica consistono essenzialmente nella propria cultura funzionalistica. Mentre per l’architettura in generale ( abitazioni, negozi, cinema) si può dire che ci sia uno stretto rapporto tra forma e funzione tale da affermare radicalmente che ciò che non è strettamente funzionale sia brutto, ciò non vale certamente per l’architettura sacra in generale nè per l’architettura della chiesa.
Lo spazio liturgico non è uno spazio prettamente funzionale, ma altamente simbolico e non può essere ridotto ad un mero contenitore in cui si muovono scenografie adeguate al momento a seconda del rito, ma è esso stesso contenuto. Questo vale sia per gli Ortodossi, che per i liturgisti pre o post-conciliari come denuncia lo stesso nome: chiesa – ecclesia – cioè assemblea».
«Dal Concilio Vaticano II in poi – prosegue Raffin – si sono viste le “soluzioni” liturgiche più originali a testimonianza del fatto che è perennemente in atto il dibattito tra centralità e longitudinalità rispettive della prospettiva iniziatica orientata e della polarità assembleale, per non parlare del ritorno alla tradizione del celebrante ad Orientem, ma che tutte queste variabili fossero presenti in un unico spazio, dal notevole valore storico artistico come quello della Santissima è una triste novità. In una chiesa è necessario che il fedele riconosca il sentimento della presenza, che venga orientato, mentre le ruote, come simbolo di precarietà certamente disorientano».
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