Annalisa e Jessica, le due sorelle regine della malga

Una lunga tradizione di famiglia: si alzano all’alba per mungere le mucche e fanno il formaggio

Micel Celant è ricordato ancora in paese come il patriarca delle malghe. Era il bisnonno di Annalisa e di Jessica, alle quali ha lasciato i segreti del mestiere, «pesante, di grandi sacrifici, ma il più bello del mondo». Le due sorelle, 32 e 29 anni, hanno organizzato il loro lavoro a Coltura, una piccola frazione di Polcenigo, che dà verso i monti, lungo la dorsale degli altopiani del Cansiglio e del Cavallo.

Annalisa e Jessica, sorelle e regine della malga

Si dividono tra la stalla, il caseificio e il punto vendita dei prodotti ottenuti dalla trasformazione del latte in formaggio, ricotta fresca e affumicata, caciotta morbida, yogurt. Poi, d'estate, c'è la malga da gestire. Le due ragazze hanno aggiunto alla tradizione un po' di fantasia con l'utilizzo degli aromi naturali del territorio. Soprattutto hanno mantenuto la lunga catena generazionale, che va avanti ininterrottamente dalla seconda metà dell'Ottocento.

La saga dei Celant arriva infatti da molto lontano. «La nostra memoria si ferma al bisnonno - raccontano - soltanto perché di lui abbiamo un ricordo ancora vivo. Ma l'impresa di famiglia ebbe inizio ben prima. Noi siamo dentro questa storia. A sei anni eravamo già in giro per la stalla a trascinare il secchio per la mungitura. Che ricordi! Oggi le nuove tecnologie hanno aperto orizzonti meno faticosi, ma il lavoro resta impegnativo perché è legato ai ritmi della Natura».

Prima gli studi. Il cruccio dei genitori era la crescita culturale delle figlie: «Almeno per avere un pezzo di carta in mano, non si sa mai nella vita». Annalisa, la più grande, ha ottenuto il diploma di ragioniera all'Istituto Marchesini di Sacile. E mai scelta fu più azzeccata considerata la folle evoluzione della burocrazia italiana: leggi, cavilli, scartoffie, timbri.

«Che cosa chiedere ai nostri politici? Beh - sorride Annalisa - la risposta è scontata: una drastica semplificazione degli atti amministrativi. Vorrei lavorare meglio, senza avere la testa impegnata in quelle diavolerie lì, scadenze e adempimenti di ogni tipo».

Sulla scia della sorella si mise Jessica, anche lei ragioniera: «All'inizio, la vita in stalla era un passatempo. Il primo lavoro fu quello di barista, poi entrai nella Cantina sociale di Sacile - racconta Jessica - con la qualifica di contabile, ma quel posto non faceva per me. Una noia. Per venirmi incontro mi spostarono all'ufficio vendite. Ma ormai il richiamo dell'attività di famiglia era forte. Ho scelto di costituire con Annalisa una coppia affiatata anche nel lavoro».

Sotto la supervisione di papà Michele, l'azienda ha intrapreso il percorso dell'innovazione lungo la frontiera delle nuove tecnologie. L'ultima a essere abbandonata, proprio poco tempo fa, è stata la riproduzione naturale. «Oggi la fecondazione delle mucche è artificiale essenzialmente per ragioni sanitarie e genetiche» spiega Jessica che, nella materia specifica, ha seguito alcuni corsi di specializzazione. Ora sa come comportarsi anche durante i parti. Il veterinario interviene soltanto per i casi più difficili.

Le due ragazze hanno rivoluzionato i metodi di vendita, rendendoli più accattivanti e aggressivi: assieme passaparola e web. Intanto, ha preso forma il marchio di produzione “Dalle Celant”. Sono loro due che ci mettono la faccia sui mercati. «Abbiamo la nostra clientela: assorbe tutto ciò che produciamo. I nostri like - affermano - non sono soltanto virtuali, ma diventano persone in carne e ossa, che si informano sulla qualità, perché non è sempre il prezzo che fa la differenza: si scambiano due parole, si assaggia, si conosce».

Il benessere degli animali. Possiamo parlare di hi-tech fin che vogliamo, ma i ritmi delle attività quotidiane restano intensi. Sono scanditi dalla sveglia all'alba, senza distinzioni tra i giorni. Non ci sono pause né a Natale, né a Pasqua, né a Capodanno.

Ci sono le mucche da mungere, mattina e sera: sono loro le “padrone” dell'attività. Anche per questo ognuna è riverita come una principessa e ha un nome: Lucia, Marta, Giuliana, Valentina, Volpe. «Sono un numero solo per le formalità burocratiche legate ai microchip - spiegano -, ma noi le conosciamo. Quando le chiamiamo per nome, ecco che sono pronte a dare segni di risposta. Capiscono».

L'alimentazione prevede foraggio e fieno: questa è la scelta che la famiglia Celant si è imposta per ottenere il massimo livello di qualità del prodotto-latte, il quale costituisce l'unico scopo aziendale sintetizzato dallo slogan “Noi siamo quello che mangiamo”. Non è prevista l'attività di macellazione (se non per l'autoconsumo). Oggi il patrimonio è di una quarantina di capi, tutti di razza Bruna Alpina, di cui una buona metà in mungitura. La media giornaliera di latte è all'incirca di tre quintali, gran parte lavorato direttamente da Annalisa e Jessica nel proprio caseificio (meno di un terzo va alla Latteria di Fontanafredda).

Il core business è quindi la trasformazione in prodotti caseari. «Il latte non vale nulla - le due sorelle confermano il leitmotiv della crisi del settore - perché nel nostro Paese il mercato è stato massacrato dall'invasione dei prodotti stranieri, i quali non sono sottoposti al rispetto delle stesse regole nostre. Inutile insistere. I margini di guadagno sono ridottissimi.

Gli allevatori italiani, soprattutto quelli piccoli, non possono competere con le condizioni imposte dalle grandi catene distributive. Noi ci salviamo grazie ai prodotti caseari di qualità». E con una punta d'orgoglio, le due ragazze tirano fuori l'asso dalla manica: «Beh, del nostro formaggio non si scarta proprio nulla, neanche la crosta, che si può abbrustolire magari sulle braci».

Nostalgia della malga. Questi giorni d'inverno sono vissuti ancora con sofferenza. Annalisa e Jessica alzano dolcemente gli occhi verso la montagna, quasi a cercare l'approdo che più desiderano. Lassù, dopo il paesino di Mezzomonte, che è un'altra frazione di Polcenigo, c'è Malga Costa Cervera in una conca ai piedi del Col Scarpat, a un paio d’ore di cammino (o a 40 minuti di auto da Sarone).

La casera e la stalla sono a 1.130 metri d'altezza. La proprietà della struttura è del Comune, che l'ha data in affitto (si rinnova ogni otto anni). Quando si parla dei monti alle due ragazze si illuminano gli occhi, perché quello è il luogo che custodisce la vera professionalità. «Lassù è tutta un'altra cosa. C'è l'anima del nostro mestiere, per il quale abbiamo investito tutte noi stesse. Stiamo bene - spiegano - perché lasciamo a casa lo stress della vita e si può dire altrettanto per le mucche.

D'altra parte, si percepisce il benessere di animali liberi al pascolo, perché anche loro manifestano uno stato d'animo di tranquillità. Quel luogo, così fuori del mondo, costituisce un microcosmo che è in grado di garantire prodotti freschi, genuini, diversi l'uno dall'altro. Si distinguono gusti, sapori e profumi». L'attività di malga dura all'incirca 120 giorni: dai primi di giugno ai primi di ottobre. In questo caso, tutto il latte viene trasformato quotidianamente in ricotte e formaggio, quest’ultimo, prodotto in quota, è tutelato come Formai de Malga, che sa molto di alpeggio, di erba, di tradizione, di dialetto, di silenzi.

Lassù le sorelle Celant mettono finalmente in pratica gli insegnamenti del bisnonno Micel: la lavorazione del latte viene fatta nel grande calderone in rame (questo è anche il logo aziendale) scaldato dal fuoco alimentato dalle faghere. Le ricotte sono messe in sacchetti di lino a forma di cuore e il formaggio viene messo sotto la pressa di massi che pesano una decina di chili. Il lavoro ha un’anima.

E il fumo che lo caratterizza annerisce i muri di pietra dentro la casera. «Quando finisce la stagione - sorride Jessica - mi ci vuole un mesetto per togliermi di dosso l'odore del fumo». Come fa un giovane, oggi, a non alzare bandiera bianca davanti a tante privazioni? Annalisa e Jessica hanno tolto dal loro vocabolario la parola “clausura”. Preferiscono far riferimento a uno stile di vita che bada all'essenzialità.

«L’infinito è qui e ci ripaga con la quiete. Non si faranno i soldi come chi insegue la moda del Prosecco, ma ci campiamo. Si vive con poco - dicono - anche senza televisione e internet, con il segnale dei telefonini che va e viene. Ma la malga è il nostro mondo. Noi cerchiamo le emozioni che ci sono date dalla Natura. Ci riscopriamo, perché dobbiamo fare i conti con noi stesse».

Argomenti:lavoro

Riproduzione riservata © Messaggero Veneto