Altare di Sant’Antonio: completato il restauro

. Il recente restauro dell’altare di Sant’Antonio ha ridato splendore a una pregiata opera lignea e all’intera chiesa di San Gottardo di Bagni di Lusnizza. Un edificio che è un fiore all’occhiello dell’intera Valcanale. Uno scrigno d’arte che conserva al suo interno diversi manufatti lignei di scuola Barocco-Carinziana. «La chiesa fu consacrata – ricorda Diana Garlatti, la restauratrice del laboratorio di Gemona “Restauri e Decorazioni” di Ermete Cargnelutti – dal vicario generale di Aquileia nel 1450 e successivamente fu ristrutturato grazie al sostegno economico di Gabriele Canal di Malborghetto nel 1660. Il Canal fu anche committente dell’altare di Sant’Antonio, come testimonia l’iscrizione latina nella sezione centrale della predella». Il restauro dell’altare, sostenuto dalla Fondazione Friuli, era stato fortemente sollecitato dal compianto parroco di Malborghetto – Valbruna, don Mario Gariup che intervenne orgoglioso il giorno dell’inaugurazione, alla presenza dell’arcivescovo Mazzocato, del restauro dell’altare centrale, nel 2017. «La struttura dell’altare – spiega la restauratrice – era stata sottoposta nel tempo a piccoli interventi di manutenzione il più invasivo dei quali era stata la ridipintura, documentata alla fine del 1980 ed eseguita con polveri metalliche sospese in soluzioni adesive. Nel 1985 erano anche state trafugate, le due teste di cherubini che ornavano le colonne. Il dipinto “La visione di Sant’Antonio a Camposanpietro” presentava problemi di stabilità: la superficie pittorica risultava alterata e lo strato di vernice superficiale era discontinuo con una crepatura marcata, di particolare risalto la grande lacuna nella parte inferiore della tela». Problematiche cui si è rimediato. «Un intervento di restauro diventa, anche in questo caso – aggiunge Ermete Cargnelutti –, un’opportunità non solo per l’analisi dello stato conservativo dell’opera ma anche per documentare la tecnica artistica utilizzata». L’intervento di restauro eseguito con la condivisione della Soprintendenza, ha posto rimedio alle alterazioni avvenute nei tempi, mentre le teste dei cherubini sono state realizzate dall’intagliatore Silvio Livia di Artegna con il supporto di documentazione fotografica». —
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