Allarme alcol, scatta “Mole il bevi”

Preoccupano i consumi elevati fra i giovanissimi e contro gli abusi parte la campagna in friulano
Sempre di più, sempre più giovani che ora bevono anche per sballo. Il consumo di alcol fa paura perchè spopola tra i ragazzi e addirittura tra gli adolescenti e allora ecco la campagna-choc: “mole il bevi”, brillante tormentone che ha oltrepassato anche i confini regionali, ora immortalato su poster che compaiono in città e provincia.


Il messaggio, accompagnato da immagini surreali e decisamente d’impatto, è seguito dall’avvertenza: “ca ti bêf il çurviel”, che ti beve il cervello. Uno slogan spiritoso (chi non ricorda “Bruno, mole il bevi” con cui il comico Marco Milano si rivolgeva a Pizzul?) per qualcosa di tremendamente serio, «perchè chi abusa di sostanze alcoliche e si ammala è un incosciente, visto anche che poi i costi ricadono sulla comunità», com’è stato ribadito ieri dal presidente Piero Fontanini in Provincia, ente che ha fatto sua la proposta del fotografo Gianfranco Angelico Benvenuto assieme alla Scuola europea di alcologia e psichiatria ecologica e a cui hanno aderito l’Arlef, l’agenzia regionale per la lingua friulana, e le tre aziende per i servizi sanitari della provincia di Udine.


Da ieri 350 manifesti, più 26 gigantografie di 6 metri per 3 hanno cominciato a comparire nei punti nevralgici di Udine, oltre che in alcuni dei comuni più grossi o di passaggio: Cervignano, Latisana, San Giorgio, Tolmezzo, Cividale, Gemona, Tarvisio, Codroipo, Palmanova, Villa Santina e San Daniele. E la scelta del friulano è ritenura strategica «in quanto lingua che più facilmente può arrivare al mondo dei giovani», secondo il presidente dell’Arlef, Lorenzo Zanon.


I dati, preoccupanti, sono quelli sciorinati da Francesco Piani, responsabile del dipartimento dipendenze dell’azienda 4, Medio Friuli. «Negli ultimi anni – dice – almeno il 15% in più dei giovani dagli 11 ai 17 anni fa uso di sostanza alcoliche». Nel dettaglio, cresce il consumo di vino che attualmente riguarda il 69% dei maschi e il 58% delle femmine, seguito dalla birra (64 e 52% rispettivamente) e quindi da altri alcolici, compresi quelli a gradazione elevata.


Ma al di là dell’aumento, sono le modalità di assunzione che fanno lanciare l’allarme. Ancora Piani: «Non siamo più di fonte al cosiddetto bere socializzante, che peraltro non è che faccia meno male; cioè, più che consumare bevande alcoliche chiacchierando, le si assume per sballo, magari cinque-sei cocktail uno dietro l’altro per ottenere un effetto che non è poi diverso da quello dato dagli stupefacenti».


E di più: «Cresce quello che chiamiamo il policonsumo, alcol associato ad hascisc, o a cocaina, tutto va bene. E tutto è sempre più pericoloso». Di fronte a questo quadro, non molto può fare un’azienda sanitaria, sono semmai le istituzioni, la politica e la cultura a doversi muovere. Nel suo piccolo, il fotografio Benvenuto ci prova: «I nostri ragazzi hanno bisogno di una fuga dalla realtà, di non avvertire passato nè futuro. Eppure io credo nella loro possibilità di reazione.


E credo che una mano possa darla anche un manifesto che, nel denunciare, sappia farci ridere e riflettere».

Riproduzione riservata © Messaggero Veneto