Agricoltura sostenibile grazie a chimica e genetica

Morgante: nel 2050 si produrrà fino al 25% in meno di cibo rispetto alla richiesta. «Saremo chiamati a garantire più alimenti diminuendo l’impatto sull’ambiente»

UDINE. Nel futuro la popolazione aumenterà, così come il fabbisogno di cibo. Nel contempo, però, la capacità di produrre alimenti diminuirà notevolmente, con i prezzi che a causa dei cambiamenti climatici lieviteranno. Uno scenario non troppo confortante, a cui ha cercato di dare un inquadramento Michele Morgante, professore ordinario di genetica all’Università di Udine e curatore della settimana del Future Forum dedicata alla scienza.

«Secondo i dati del Programma ambiente delle Nazioni unite – ha evidenziato –, a tecnologia costante, nel 2050 produrremo dal 5 al 25% in meno di cibo rispetto alla domanda. Problemi come il cambiamento climatico, la degradazione del suolo o la scarsezza di risorse idriche provocheranno un aumento dei prezzi globali del cibo dal 30 al 50%, con una popolazione del pianeta cresciuta di 2.7 miliardi rispetto a oggi e un fabbisogno di cibo aumentato del 50%. Si tratta di un’equazione complessa da risolvere – ha precisato – poiché saremo chiamati a produrre più alimenti diminuendo l’impatto della produzione agricola sull’ambiente. Dovrà scendere anche il ricorso a fertilizzanti erbicidi, pesticidi, fungicidi, e l’impiego di acqua, incrementando la qualità degli alimenti e la loro salubrità».

Fino a oggi l’agricoltura è progredita con il miglioramento genetico, modificando piante e animali, ma anche con la chimica, che ha dato un consistente contributo all’aumento delle produzioni, e con le tecniche agronomiche.

«Sistemi – ha aggiunto Morante – su cui va aperta una riflessione di sostenibilità per il futuro. La scienza ci da oggi tante possibilità». Quanto di questo potenziale possiamo e vogliamo sfruttare? Morgante ha portato l’esempio della viticoltura, «che finora non ha fatto ricorso al progresso genetico: le varietà sono le stesse di 200 anni fa, sono estremamente sensibili a peronospora e oidio. La soluzione è stata trovata nella chimica: la viticoltura occupa il 5% della superficie coltivata in Europa ma utilizza il 50-60% di tutti i fungicidi usati in agricoltura. È questo il prezzo pagato per non adeguarsi al progresso genetico, un’agricoltura sempre meno sostenibile».

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