Addio al partigiano Derino Zecchini: combattè due guerre di Liberazione

Viveva a Gradisca di Spilimbergo, il Covid se l’è portato via a 93 anni. La sua straordinaria vicenda raccontata in un diario e poi in un libro 

Addio a Derino Zecchini “Rino”, 93 anni, partigiano di due Liberazioni. A 17 anni di quella dell’Italia dal nazifascismo, con il battaglione Candon della brigata Garibaldi Destra Tagliamento e dopo, con i Viet Minh. Derino Zecchini combatte per la Liberazione del Vietnam dal colonialismo francese.

La sua esperienza “partigiana” vietnamita dura dal 27 febbraio 1951, quando raggiunge i reparti Viet Minh, al 17 luglio 1954 quando, dopo la lunga battaglia di Dien Bien Phu (13 marzo-7 maggio 1954) termina con la vittoria vietnamita la guerra contro la Francia. Derino riuscirà a ritornare nella sua casa a Gradisca di Spilimbergo solo il 23 dicembre 1957.

In mezzo a questa storia eccezionale, unica, c’è la partenza di Zecchini da Spilimbergo per la Francia il 30 settembre 1946. «Sapevo che dopo la vittoria sui nazifascisti – ha raccontato Zecchini – il Vietnam lottava per la sua libertà dal colonialismo francese. Come potevo raggiungere i vietnamiti? Arruolandomi nella Legione straniera. Senz’altro mi avrebbero inviato a combattere la loro guerra coloniale in Vietnam. Lì, ho pensato, potrò disertare, certo rischiando la vita, per unirmi ai compagni vietnamiti.

Era questione di tempo, dovevo pazientare, fingere, passare inosservato il più possibile e poi, al momento giusto passare le linee, per unirmi ai compagni combattenti di Ho Chi Minh. Così ho fatto. Mi è andata bene. Se i francesi mi avessero preso, mi avrebbero ammazzato torturandomi lentamente».

Derino Zecchini ricordava di essere stato una staffetta partigiana veloce. «Avevo 17 anni, correvo, non sentivo le fatica. I compagni mi volevano bene, avevo mitra e pistola, sparavo discretamente. Durante la guerra partigiana me la sono cavata, poi ho pensato che non bastava combattere solo per la propria terra. Il socialismo si poteva provare a farlo anche aiutando un popolo lontano come quello vietnamita».

Il modo di sentire la lotta per la Liberazione, già nella primavera del 1945 si sposa con la sua situazione familiare. «Dopo la Resistenza ero tornato a casa – raccontava. Eravamo 18 in famiglia e lavoro non ce n’era. Ho pensato che non mi restava che emigrare come tanti compagni della Resistenza. Molti nel dopoguerra avevano scelto la Jugoslavia. Ma lì c’era già “il Sol dell’avvenire”, così ho scelto la Francia, per raggiungere il Vietnam».

Derino Zecchini passa la frontiera, da clandestino il 2 ottobre 1946. Lavora da manovale per quasi un anno, fino all’ingaggio a Lilla nella Legione straniera. Prima Marsiglia, addestramento disumano, poi Orano in Algeria, per diventare perfetti assassini, infine l’imbarco per Saigon il 9 agosto 1949. Gli ufficiali francesi si accorgono che lui cerca di non partecipare alle loro azioni contro i civili nei villaggi vietnamiti.

«Mi tenevano d’occhio. “Stai camminando su una tavola insaponata... se vediamo che scivoli, sei finito”, mi dicevano». Inviato al fronte Nord, il 27 febbraio 1951 «con il compagno Tichetti – scrive Zecchini sul diario – siamo passati con le armi nei ranghi dei Viet Minh».

I vietnamiti gli consegnano un grande altoparlante chiedendogli, vicino alla linea del fronte, di invitare i francesi a disertare e unirsi ai Viet Minh. «Poi un giorno – è il suo racconto – un uomo dalla lunga barba, in una capanna mi chiede in francese delle motivazioni che mi hanno portato a unirmi a loro. Gli rispondo sincero. Mi stringe la mano, salutandomi. I compagni mi dicono che avevo parlato con Ho Chi Minh».

Ppoi Zecchino si ammala, lo mandano a curarsi in Cina. Quando torna ad Hanoi la guerra francese è finita e comincia il suo peregrinare per il ritorno in Italia il 23 dicembre 1957. La madre, quando lo vede, sviene.

 

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