Addio a Martinengo, re delle feste

È morto il conte Filippo Martinengo. Aveva 89 anni. Era un aristocratico dalle solide radici contadine. Può sembrare un paradosso, ma non lo è. Il conte Filippo Martinengo, nobile friulano amante del bello, dei cavalli, delle raffinate compagnie, era anche - «anzi, prima di tutto» - un gran lavoratore.
Lavoratore della terra, appunto, se non direttamente in un ruolo da supervisore, da organizzatore, ma comunque sul campo, non dalle stanze della sua villa di Borgo Soleschiano, a Manzano. Venerava la campagna, adorava i frutti dei suoi poderi, in parte ereditati dalla famiglia d’origine ma in ampia percentuale acquistati di persona, per dare sempre maggior peso alla propria attività agricola.
Il conte si è spento lunedì sera, nella sua casa: era sofferente da mesi. Lascia la moglie Marie Fleurette Julie, originaria delle isole Mauritius e molto più giovane di lui, e due figli, Maria Benedetta e Filiberto. È da loro, tutti residenti nel complesso di Soleschiano, che arriva un commosso ritratto del padre, dipinto come figura «spigliata, determinata, e naturalmente socievole». Un carattere solare e volitivo, insomma, pur “adombrato”, a tratti, dal «desiderio di starsene in silenzio, in disparte». Altra faccia, sporadica, di una medaglia - ricordata da parecchi, in Friuli - che ha il sapore e lo sfavillio delle feste: «Ne organizzavamo una, per almeno duecento persone, ogni settembre», racconta Maria Benedetta: «Un’usanza consolidata, andata avanti fino a cinque anni fa... Erano grigliate in “formato maxi”, nel nostro giardino: una larga fetta degli invitati arrivava da Udine».
Trionfo dello svago in verde cornice: delizie per il palato, buona musica, gente delle fasce alte della società. Un nome di spicco fra tutti? «L’ambasciatore Antonio Zanardi Landi. Suo amico di vecchia data». Si erano conosciuti, il diplomatico e Martinengo, durante una di quelle passeggiate a cavallo («in mille posti del Friuli, pure lontano da qui: a volte papà si spingeva addirittura oltre i confini regionali, con un pulmino al seguito...») che da semplice e personalissimo hobby erano state trasformate, dallo spirito imprenditoriale di Filippo Martinengo, in piccolo business. «A ridosso della villa in cui viviamo, comprata negli anni Cinquanta dai conti di Brazzà – spiega sempre la figlia –, papà realizzò un’azienda agricola con annesso maneggio. Gli piaceva cavalcare: mise su, a un certo punto, un alberghetto che in breve divenne luogo di ritrovo per gli appassionati del genere. Da lì partivano le comitive equestri di cui dicevo prima... Si andò avanti fino al ’79, quando la pressione dell’impegno della cura dei campi impose lo stop di quell’esperienza». Perché, come detto, Martinengo - che ha studiato a Torino, laureandosi alla facoltà di agraria, e che è stato tra l’altro sindaco di Frisanco – era un lavoratore accanito. «E aperto, molto (e fino all’ultimo), alle novità, alla sperimentazione. Anche per tale ragione da ragazzo concorse alla fondazione dei Giovani Agricoltori, organismo in seno al quale compì moltissimi viaggi all’estero, per visitare realtà di punta, nel settore». Oggi i funerali: saranno celebrati alle 17, nella chiesa di Borgo Soleschiano.
Lucia Aviani
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