Addio a Luciano Provini, decano dei giornalisti

UDINE. Udine, se ha ancora un’anima, un cuore, ha perso una parte molto importante di sé, con la morte di Luciano Provini, un gentiluomo, un giornalista colto e corretto, che ha saputo raccontare questa città, i suoi sentimenti, le passioni, negli articoli sui quotidiani, nelle riviste che ha fondato e diretto (creando una leggenda attorno all’Udinese e al calcio fin dagli anni Cinquanta), nei bellissimi libri che ha pubblicato. Era il decano della stampa friulana, iscritto all’albo dei pubblicisti dal 1950.
Se ne va con lui un grande, e tutti dobbiamo esserne consapevoli, nel profondo. Se ne va in punta di piedi, come ha lavorato e vissuto. C’è da sperare che Udine se ne ricordi a lungo e sappia rendere preziosa la sua lezione, espressa con tranquillità, sottile ironia e fantasia. Luciano (ma per tutti resterà Lupro, come firmava i rampanti commenti sulle mitiche zebrette) aveva compiuto 90 anni nel ferragosto del 2018 e a ottobre il sindaco Fontanini lo aveva festeggiato a palazzo D’Aronco consegnandogli il sigillo della città.
Occasione coinvolgente per fare il punto sulla storia personale e familiare di Luciano, continuatore d’una tradizione cominciata con papà Giorgio, caporedattore al Gazzettino e al Messaggero Veneto, uno dei quattro moschettieri della cronaca locale assieme a Carlo Serafini, Gian Maria Cojutti e Arturo Manzano.
Studente dello Stellini e poi all’università di Trieste, dove si laureò in legge nel 1951, Luciano continuò a scrivere sui giornali seguendo soprattutto il calcio bianconero e lo sport, narrato con arguzia e competenza, quale cronista influente e molto seguito, anche quando esprimeva giudizi severi. Dopo un’esperienza da procuratore legale e come capo della redazione udinese del quotidiano Il Piccolo, tramite concorso entrò all’Inps divenendone dirigente per i rapporti internazionali, sul fronte dell’emigrazione e delle convenzioni in tema di previdenza.
La passione per il giornalismo gli rimase sempre dentro, perché Provini continuò a collaborare con il periodico Il Punto diretto da Piero Fortuna e la rivista Friuli nel mondo, guidando poi l’ufficio stampa della Camera di commercio al tempo del Made in Friuli di Gianni Bravo.
L’impegno della scrittura riguardò anche una serie di libri fondamentali per capire Udine e il Friuli, sempre intrecciando cronaca e storia. Tra i tanti titoli, ecco “Udinese 50 anni”, “Udinese story, otto città nel pallone”, “Arturo Malignani”, “Alfredo Foni”, “I ragazzi del Brunetta”. Lupro dedicò alla sua città il bellissimo “Una vita a Udine”, dove c’è proprio tutto in un insieme di nomi, luoghi, vicende che svelano lati forti e lati deboli della udinesità.
Provini fece parte da ragazzo della formazione partigiana garibaldina Silvio Pellico, redigendo il giornale clandestino Gioventù liberale. Esperienze e anni che raccontò nel volume “Il Friuli dei colonnelli”, un testo scritto (confessò l’autore) per fare pure chiarezza dentro di sé su quel periodo, al di là di ideologie o appartenenze politiche.
Luciano è stato un signore, ascoltato e benvoluto. Amava parlare dei suoi temi preferiti al tavolo dell’osteria Ai Frati. Un anno fa, durante la festa in municipio, qualcuno notò che il suo libro “Una vita a Udine” è esaurito, introvabile. Ripubblicarlo adesso sarebbe un grande regalo per lui e per la città, che Provini ha amato con discrezione, intelligenza e dedizione. Ci ha arricchiti spiegando chi siamo, con affetto, in punta di piedi, sapendo di che pasta siamo fatti.
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