Il grido, il rumore e le riflessioni per tutte le Giulie
Le lettere dei lettori dopo il ritrovamento del corpo di Giulia Cecchettin, uccisa dal suo ex fidanzato ventenne Filippo Turetta. Risponde il direttore

Prendersi cura dei ragazzi
Vorrei esprimermi sul caso di Giulia e Filippo, giovani, sulla soglia della vita da adulti: lei uccisa da lui, l’ex fidanzato.
Cosa spinga un giovane che si dice innamorato a un gesto così violento non credo sia la domanda corretta da porsi; meglio sarebbe, forse, domandarsi dove ha origine la debolezza di una personalità così immatura come quella di un uomo che, lasciato da una donna, si sente perduto («senza Giulia, mi ammazzo» le sue parole), come se ad abbandonarlo fosse una figura di riferimento forte, rassicurante, quasi quanto una madre…
Credo che questi uomini, con le dovute eccezioni, non abbiano bisogno di essere rieducati; andavano, forse, educati, prima, all’affettività, da un contesto familiare che, evidentemente, ha dovuto cedere il passo alla modernità... Contesto famigliare che dovremmo, forse, riconsiderare in termini di Valore realmente moderni.
Abbiamo bisogno di una società della cura.
Il senso del termine patriarcale è andato perdendosi nella struttura complessa della società moderna e credo che il matriarcato avrebbe prodotto altrettanti errori se declinato nei medesimi termini culturali e di mercato... Femminismo, oggi, potrebbe significare riconoscimento sociale del Valore del ruolo della donna nella famiglia e remunerazione del suo lavoro all’interno dell’ambito domestico: lavoro volto a preservare la cura dei figli e che ne tutela efficacemente la crescita. Espressione del femminile nel sociale che non sia solo copia del maschile.
Abbiamo bisogno di una società della cura, non della condanna di mostri, risultato della fragilità derivante dalla mancanza di cura. Siamo certi che il tutto che pensiamo di dare ai nostri figli sia ciò di cui hanno bisogno? L’educazione all’affettività non è compito della scuola, l’affettività si impara a casa, è lo specchio di quanto si riceve, ed è perciò compito della famiglia, la vera grande assente.
Il minuto di rumore dei ragazzi (tutti insieme, senza distinzione di genere alcuna) non è una protesta contro la violenza sulle donne, è un grido di dolore da mancanza di cura.
Mentre Giulia non c’è più e a Filippo Turetta toccherà il ruolo di capro espiatorio di una società che non vuole imparare a prendersi cura, che non vuole imparare a dare amore, impegnata, com’è, a dare tutto.
Raffaella Friz
mamma
Se ne parla forse troppo?
Forse ne abbiamo parlato troppo e intendo la tragedia dei due ragazzi veneti in cui lui ha ucciso brutalmente lei. Infine lui è stato trovato in un’autostrada tedesca senza benzina, senza soldi, senza forze, senza un’idea.
Una cosa un po’ bizzarra perché, alla mancanza di una qualche prospettiva di lui, qui in Italia sembra che chiunque sapesse cosa fare. Tutti hanno parlato e scritto di tutto tra femminicidio, patriarcato (parola un po’ desueta eh), violenza di genere, uomo, bruciare tutto, eyeliner, debolezza, giustificazione, ruoli, uomo, donna, possesso, violenza etc-etc-etc. Una tal quantità di concetti da riempire un’enciclopedia.
Immediatamente sono cominciate anche le proposte con la consueta ripartizione per bande.
Da una parte inventare un nuovo reato o nuove pene dall’altra parte, invece, istituire nuove materie di insegnamento scolastico. Forse senza considerare che il Codice Rosso esiste già mentre le discipline scolastiche sono tante e che - anzi - l’insegnamento sull’affettività è già previsto in molte scuole.
Parole, molte parole, soluzioni e rimedi che non mi danno mai l’impressione né di centrare il problema né, tanto meno, di trovare una soluzione. E, d’altronde, che soluzione vuoi trovare se prima non capisci qual è il problema?
I femminicidi sono troppi, la violenza di genere è troppa, la violenza in generale è troppa. Ma non sarà che a parlare tanto e in modo troppo superficiale non si risolva né il problema dei femminicidi né quello della violenza di genere né tanto meno quella della violenza in generale?
Se ne parla troppo, la quasi totalità di noi non capisce di cosa parla, io compreso. Di sicuro non risolviamo le questioni. Spero di sbagliarmi ma, nel frattempo, ringrazio per lo spazio.
Roberto Marchiori
Udine
L’angoscia diventa spettacolo tivù
La tragica vicenda di Giulia Cecchettin è stata resa ancor più angosciante dalle trasmissioni televisive che hanno sin dal primo momento invaso la sfera privata delle due famiglie, costringendole a vivere il proprio dramma sotto gli occhi delle telecamere e la morbosa curiosità dei cronisti; uno spettacolo indegno di un Paese civile.
In tal modo, come avvenuto per altri delitti, si suscitano anche gli istinti peggiori delle persone, quelle che sfogano la propria aggressività prendendo a pretesto le disgrazie altrui, fenomeno gìà visto anche per le guerre in corso. Di fronte a queste tragedie si dovrebbe avere massimo rispetto del dolore e della riservatezza delle famiglie, quella di Giulia innanzitutto, ma anche quella di Filippo.
Verso il quale, che naturalmente dovrà pagare per il folle gesto di cui si è reso responsabile, non si può che provare una grande pena, avendo distrutto la vita della persona a cui era così fortemente legato ma anche la propria e quella delle due famiglie.
Un gesto insensato che, come per altri analoghi fatti, evidenzia la fragilità maschile nel rapportarsi a quel mondo femminile che negli ultimi quarant’anni ha raggiunto un’emancipazione rispetto alla quale non tutti gli uomini si sono adeguati.
A ciò si aggiunge che da oramai molto tempo famiglie, scuola e la Chiesa stessa hanno rinunciato a svolgere la loro funzione pedagogica, insegnando che la vita non è una continua ricreazione, come farebbe credere certa televisione, che bisogna affrontare i problemi con tutta la fatica che è necessaria, sempre nel rispetto degli altri, e che ciò può comportare sofferenza e dolore, i quali vanno vissuti e metabolizzati, non rimossi. L’aver cercato di togliere ogni difficoltà e problema ai giovani, facendoli vivere dentro una sorta di campana di vetro, ha determinato il fatto che al primo ostacolo, al primo rifiuto o alla prima delusione, invece di affrontare il problema, lo si rimuove, anche se si tratta della vita altrui.
Loris Parpinel
Prata di Pordenone
Intervenire con i farmaci
Continuano le discussioni del barbaro assassinio della ragazza Giulia Cecchettin e chissà per quanto altro tempo. Questa tragedia ha colpito l’Italia intera. Siamo nel mese dove si discute, si propone una soluzione contro il barbaro comportamento maschile che continua alla soppressione di partner, fidanzata o moglie.
Siamo in un paese democratico che dovrebbe agire o legiferare per una educazione a livello scolastico e successivamente a livello civile per proteggere il mondo delle donne. Chi ha avuto un’educazione cristiana, ma anche una sana educazione che implichi il rispetto per il prossimo, meglio che si getti giù da un grattacielo o da una rupe, prima di compiere un atto violento o aggressivo contro una donna.
Mi ricordo l’insegnamento da bambino durante il catechismo: piuttosto che colpire con la mano o con il piede una donna, una madre, un bambino, è meglio che si tagli quell’arto colpevole. Quest’anno oltre 100 donne sono state soppresse e da mesi e da anni che venivano prospettate o studiate delle leggi speciali e non più procrastinabili.
Veramente necessarie per un vero cambiamento. Per fare cambiare l’idea maschile del possesso verso una donna, ci vorrebbe una punizione esemplare. Tante sono le nazioni che usano come pena e deterrente la castrazione chimica.
Negli USA, nel Regno Unito, in Australia, in Argentina e in molte altre, usano questa pratica. E sarebbe da mettere in atto anche per coloro che minacciano o già hanno commesso un femminicidio.
Giacomo Mella
Pordenone
Come insegnare ai ragazzi
È la letteratura che forma, non i corsi di aggiornamento alle emozioni e ai sentimenti, come vuole il ministro Valditara, dopo la tragedia di Giulia.
I corsi sono addestramento tecnico, che alla minima pressione interna, e alle seduzioni del consumismo, saltano e fanno riaffiorare la bestia.
È la letteratura interiorizzata che fa maturare.
È Tolstoj, Dante, Leopardi, Dostoevskij, Manzoni, libri come la storia di Elsa Morante, ecc...
È tanto difficile da capire?
Vedremo cosa succede dopo un anno di corsi...
Elvia Franco
Udine
È l’ora di dire basta
Una morte atroce per Giulia. Un agonia di 25 minuti. Io mi immedesimo, su quale atroce agonia avrà sofferto quella ragazza, per mano di chi diceva di amarla e poi... e poi si vede il risultato.
Filippo Turetta ha assassinato la sua ex fidanzata, e poi abbandonato il cadavere. Immaginiamo l’atrocità con cui l’ha fatto. Un atto a dir poco disumano, Io mi immedesimo anche in quel padre che è rimasto senza la figlia, la sorella di Giulia, hanno dimostrato la loro dignità.
Il papà ha detto: «Io non provo ne odio e ne rabbia, so solo che la mia Giulia non c’è più». Parole dette con dignità e affetto. Soprattutto da quest’uomo che da un anno e mezzo è rimasto vedovo, per la scomparsa della moglie. Queste poche righe, le voglio scrivere proprio in occasione di una data, il 25 novembre, in cui ricorre la giornata contro la violenza sulle donne. Nel 2023, dalle statistiche che abbiamo oggi sottomano, sono decine le vittime di femminicidio nella nostra Italia.
È il momento di dire: Basta! Basta violenza, basta femminicidi, basta uccisioni. Ne sentiamo fin troppi, purtroppo, in questi giorni. Il caso successo a Fano, quella dottoressa uccisa in Calabria. sono casi che fanno rabbrividire ciascuno di noi, soprattutto per la modalità brutale in cui succedono. Speriamo che casi del genere non si ripetano più in avvenire. L’avvenire sia pieno di speranza per tutti, soprattutto ci sia il rispetto alla vita, non solo per la nostra ma per quella di tutti gli altri. La vita va rispettata!
Sandro D'Agosto
Ragogna
Ritornare al mondo matriarcale
In ere lontane centinaia di millenni, a causa della sproporzione evolutiva tra cranio fetale e canale del parto, i bambini venivano partoriti prematuri a soli 9 mesi (maturano tuttora molto tardi). Le donne non avevano ancora capito la fecondazione e la paternità.
Vivevano al sicuro insieme, a maturare i bambini. Gli uomini erano lontani a caccia e pesca. il piccolo a otto mesi di età riceve dalla madre nella parte più antica del cervello (l’archipallio) un “imprinting” di fiducia e sicurezza contro tutti i pericoli e i predatori. La donna è dotata di ormoni socializzanti amorosi (un terzo più dell’uomo: ossitocina dopamina, ecc.).
Con la fine delle ultime glaciazioni (Riss e Wurms) si resero disponibili estese pianure coltivabili e nel tardo periodo paleolitico (copiando le donne ortolane) ebbe origine l’agricoltura. Nasceva così il concetto di proprietà privata, a essa conseguirono il padronato della terra, dei raccolti, delle donne (private di cacciatori) vendute e comprate per contratto, e dei figli, e poi dei confini, degli stati, degl’imperi, con forze armate, guerre, sterminii di massa.
La madre-serva, separata dal figlio, talvolta dovette lasciò gemere, attraverso quel debole “imprinting”, un io dominato dalla propria “nullità”, aggrappato talvolta dall’amore di una donna ad una disperata rivalutazione della propria autostima, ricadendo egli, con la sua perdita, nel proprio “terrificante interno”, che può sentire talvolta un riparo paranoico persino nell’omicidio. Bisognerebbe restituire il mondo al magistero matriarcale.
Mario Ruffin
Treviso
Il cambiamento tra i giovani
Mi chiedo: tra quanti giorni l’uccisione di Giulia e la voce potente della sorella Elena spariranno dalle prime pagine dei quotidiani e dalla prima notizia dei media nazionali?
Saranno sostituite da altre ferali notizie, da altre tragedie, da altri massacri in giro per il mondo, da altre alluvioni, da altre baruffe tra chi ci governa?
In fondo si tratta solo dell’ennesimo femminicidio, c’è ben altro di cui parlare, questa cosa riguarda solo la metà degli umani, passiamo oltre. Tutto continuerà come prima, la pacca sul sedere sarà solo una goliardata, il complimento becero solo un apprezzamento, il consiglio e l’aiuto non richiesti la manifestazione del bisogno delle donne di essere aiutate, perché da sole non ce la fanno.
Andrà ancora e ancora avanti così, sempre poche donne nei consigli di amministrazione, ai vertici delle aziende, della magistratura, delle università, dei ministeri. Molte di più nella scuola e nella sanità perché, nel compito di cura, le donne sono brave, lo fanno da millenni. Si sente dire, da molti maschi, che il patriarcato non esiste, è un mito creato dalle donne che non sono mai contente di quello che hanno avuto, vogliono sempre qualcosa di più, basta.
Quello che rattrista di più è l’età del presunto colpevole, si sperava che i più giovani fossero usciti da questa gabbia culturale che predilige il modello del possesso sul corpo delle donne, che rifiuta la parità, la libertà, la pari dignità delle donne ovunque, a casa, a scuola, nel lavoro, nelle scelte di vita.
Ma la reazione degli studenti, non solo a Padova ma ovunque, che hanno rifiutato il minuto di silenzio e scelto il rumore per far sentire la loro voce, fa sperare che un cambiamento profondo nella cultura e nei rapporti tra uomini e donne sia possibile.
Giusi Parmeggiani
Udine
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Cari lettori,
durante la settimana abbiamo ricevuto molte lettere sul brutale omicidio di Giulia. Ne abbiamo scelte alcune nelle quali si possono evincere giudizi, aspetti, sfumature, punti di vista diversi con i quali concordare oppure no.
Si è detto tutto, scandagliando la vita dei due ragazzi e delle loro famiglie.
L’Italia intera ha vissuto la dolorosissima vicenda con partecipazione. Ricordiamo com’è iniziata, con le due famiglie che assieme facevano appello ai ragazzi di tornare a casa.
Nostro malgrado, siamo abituati a vicende simili e il dubbio che fosse accaduto il peggio era sempre sottotraccia. Sospetto, purtroppo, confermato con la brutalità della quale siamo venuti a conoscenza.
Ci illudiamo che l’educazione e il rispetto si possano imparare sui banchi di scuola, che i nostri figli nell’ora di educazione all’affettività apprendano ad assumere comportamenti rispettosi e civili nei confronti delle donne, delle ragazze. Non basta, e non è nemmeno corretto addossare una responsabilità simile esclusivamente alla scuola illudendoci di colmare le carenze.
E, forse, nel girone infernale nel quale siamo precipitati in questi giorni con il caso di Giulia, siamo costretti ad aprire gli occhi e a trovare una strada perché la coscienza civile ce lo impone. È un cammino di civiltà, non una parentesi aperta e chiusa per un violento impatto emotivo sociale.
Nelle lettere che abbiamo ricevuto c’è la rabbia, il sostegno all’educazione affettiva, la proposta di castrazione chimica, la condanna del patriarcato, la richiesta di ascolto, l’appello forte di due ragazze. E tutti credono di avere una piccola o grande parte di soluzione.
È ogni giorno che vanno messi gli argini a comportamenti inaccettabili a stimoli e a sollecitazioni che ci bombardano e di fronte ai quali tiriamo dritti o facciamo spallucce. Deve diventare un impegno collettivo, per un cambio culturale.
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