In ricordo di Pierino
Udine deve a Pierino Zannier più di un necrologio, più di un ritratto di cronaca politica e, certamente, più di un’anonima e generica omelia.
Con la sua scomparsa la città perde un personaggio, quando il termine indica non la macchietta, ma chi, con la sua personalità, ha caratterizzato giorni e notti, di una intera generazione.
Perché Pieri era uomo d’osteria, non a caso tra i fondatori di quel comitato per la loro difesa che vede, di anno in anno ormai, l’assottigliarsi dei suoi primi soci. L’osteria intesa come un tempio laico della saggezza popolare, della convivenza. Il bancone allora si trasforma in ufficio di collocamento, in studio d’avvocato, dove trovare soluzione ai problemi, consigliare gli amici più deboli, risolvere controversie antiche, sopire rancori e, quando è possibile, fare giustizia.
Sul seggio più alto sedeva Pieri, capace di quella mediazione dialettica che solo un adeguato grado alcolico può consentire: un prezzo alla fine pagato caro, altro che Vasco Rossi e la sua vita spericolata. Era un grande, Pieri, il più bravo a briscola e i campioni del bridge imparavano da lui, ma preferiva far coppia con Vinicio o Gigi Sbarre per vincere un salame, una forma di formaggio nelle gare paesane. Difficile batterlo a morra, con quel dito indice “sifulino”, menomato da un freno a mano tirato malamente, che gli permetteva sì, di battere il tre o il due, secondo le esigenze, ma diventava monito per tutti quando era puntato al petto di chi stava esagerando.
Meccanico se serviva, pittore se necessario, maestro di griglia, autista sempre pronto, con patente o senza. Tanto i vigili non lo fermavano, nemmeno quelli di Lignano, lungo i cui viali la sua spider rossa scorazzava nelle notti estive. La sua parola valeva più di mille firme, fedele alle amicizie, pronto ad aiutare chiunque, spesso non ricambiato in entrambi i casi.
Un grande attore: un conte Mascetti, quello di “Amici miei”, alla friulana, con la stessa facilità nell’uso di un personale “grammelot”, accompagnato dalla capacità di cogliere i lati più reconditi di uomini e situazioni. Per ricordare qualcuno si usa dire: “era uno di compagnia”.
Per Pierino suona vero, ma quasi banale perché è stato e rimarrà il simbolo di una Udine vivace, intelligente, autoironica, anarchica e, allo stesso tempo, tradizionalista. Ci manca lui e quella città. “Ma che, è morto sul serio?” direbbe il conte. —
BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI
Riproduzione riservata © Messaggero Veneto